Viaggio nel Pronto soccorso: Cuore della resistenza al “coronavirus”

 Viaggio nel Pronto soccorso: Cuore della resistenza al “coronavirus”

Assomigliano agli astronauti. Ma sotto la tuta, la mascherina e gli occhiali batte il cuore di un operatore sanitario. Al Pronto Soccorso dell’ospedale Buon Consiglio medici, infermieri e ausiliari, guidati dal Dott. Andrea Fontanella, sono la prima linea nella battaglia sanitaria al coronavirus. Il periodo di emergenza connessa alla pandemia sanitaria da SARV-CoV-2 ha portato ad una trasformazione globale dell’ospedale, dei suoi spazi e dell’organizzazione del lavoro. In particolare l’area del Pronto Soccorso è stata completamente rivoluzionata con la differenziazione dei percorsi e con la realizzazione di una zona dove stazionano i sospetti Covid.
Il percorso parte dall’esterno del Pronto Soccorso, dove nella tenda allestita dall’AFMaL (Associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani) vengono intercettati i pazienti prima dell’ingresso in ospedale, svolgendo un’attività di pre-triage che comprende la raccolta dell’anamnesi, la misurazione della temperatura corporea e della saturazione. Una volta effettuato lo screening e fatte le opportune valutazioni, il percorso si divide e all’interno del Pronto Soccorso le aree sono state ben definite. I pazienti sospetti Covid entrano nella “zona rossa” da un accesso riservato a cui seguono tre stanze dove vengono assistiti singolarmente, e che comprende anche una shock room dove soccorrere i casi più gravi.
“Questa rivoluzione degli spazi è il risultato di un grande gioco di squadra. I ragazzi hanno dimostrato una grande maturità, non c’è stata alcuna defezione e nessuno ha fatto un passo indietro” aggiunge il dott. Fontanella con la voce carica di orgoglio. Quello del Pronto Soccorso del Buon Consiglio ha dimostrato nel momento del pericolo di essere un team ben organizzato in cui medici, infermieri e operatori sociosanitari collaborano con grande senso di responsabilità. È inutile negarlo: la paura c’è, così come alcuni ostacoli logistici e di risorse. Ma la priorità è la cura del paziente anche quando gli operatori sanitari, che da più di un mese si confrontano con questa patologia, sviluppano sintomi ansiosi, insonnia, pensieri intrusivi e ricorrenti. “C’è un’angoscia costante, unita alla paura di ammalarsi o di trasmettere la malattia ai propri familiari, un perenne stato di allerta”, spiega lo psicologo Don Gennaro Pagano che supporta il personale sanitario del Pronto Soccorso. “Per questo sarà importate fornire assistenza ai professionisti anche quando la pandemia sarà finita, perché potrebbero sviluppare i sintomi caratteristici del disturbo post-traumatico da stress. Abbiamo organizzato gruppi di ascolto su richieste degli operatori del pronto soccorso per riconoscere le fonti di ansia e fornire supporto specifico soprattutto nei momenti in cui è necessaria ancora tutta la loro capacità di mantenere la calma e rassicurare i pazienti”.
Infatti a far data dal 10 marzo e per più di un mese quotidianamente sono arrivati al Pronto Soccorso molti pazienti con sintomatologia Covid: “Grazie alla rigida applicazione di protocolli organizzativi e clinici all’interno del pronto soccorso in questo mese sono stati presi in carico più di sessanta pazienti sospetti in attesa dell’esito del tampone che è risultato positivo nel 20% dei casi” dice il Direttore Sanitario Mariateresa Iannuzzo” e solo da una decina di giorni stiamo percependo una lieve discesa della curva epidemica”.
E anche oggi come tutti i giorni in area Covid il turno si apre con il “rito della vestizione”: infermieri e medici in tuta anti-contagio, con calzari, guanti lunghi, mascherina e visiera para-schizzi, impossibili da distinguere gli uni dagli altri, così minacciosi all’apparenza da sembrare personaggi di un ospedale di Wuhan o di un film apocalittico tipo Resident Evil. In realtà sono una sorta di angeli vestiti di bianco pronti a prestare cure appropriate ai pazienti ed a assicurare protezione al personale del resto dell’ospedale per evitare contagi da parte del virus Sars-CoV-2.
Ma l’emergenza coronavirus è solo una parte del lavoro in cui sono chiamati i sanitari che operano al Pronto Soccorso, perché parallelamente ci sono tante altre patologie. E se è vero che all’ospedale Buon Consiglio gli accessi sono diminuiti (da una media di 80 prestazioni si è passati a circa 30 al giorno) i casi gravi continuano ad esserci con un netto calo solo dei codici verdi e bianchi. E per fortuna le donne continuano a partorire: in questo mese e mezzo di pandemia nel reparto di Ostetricia sono nati più di cento bellissimi e sanissimi bimbi, simbolo di vita e di resilienza.

Mario Orlando

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