Una proteina per rendere più efficace la chemio
Uno studio condotto presso l’Itb-Cnr di Bari ha permesso di identificare un oncosoppressore nei casi di un tumore chemio-resistente come il carcinoma renale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Oncotarget
Il carcinoma renale è un tumore frequente nei paesi occidentali e resistente alla chemioterapia e alla radioterapia: ogni anno vengono diagnosticati in Europa circa 86.000 nuovi casi e in Italia 8.200 (5.600 uomini e 2.600 donne). I ricercatori dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Bari (Mariano Francesco Caratozzolo, Flaviana Marzano e Elisabetta Sbisà) hanno identificato una proteina che rende più efficace il trattamento chemioterapico nel carcinoma renale. Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica ‘Oncotarget’.
“Abbiamo scoperto che nei carcinomi renali a cellule chiare i livelli cellulari della ‘proteina TRIM8’ diminuiscono drasticamente e questa diminuzione sarebbe responsabile della mancata attivazione dell’oncosoppressore p53, gene che codifica la proteina principalmente coinvolta nell’esecuzione dell’arresto della proliferazione cellulare e dell’apoptosi o ‘morte cellulare programmata’, indotta dai chemioterapici”, spiega Apollonia Tullo, ricercatrice dell’Itb-Cnr e coordinatrice del lavoro. “Il carcinoma renale a cellule chiare è il tipo di cancro al rene più comune negli adulti ed è notoriamente resistente alla radioterapia e alla chemioterapia perché, pur riportando raramente una mutazione nel gene p53, presenta alterazioni in altre proteine che regolano l’attività e la stabilità di p53”.
I ricercatori del Cnr hanno dimostrato che ripristinando i livelli cellulari di TRIM8, le cellule diventano sensibili all’azione dei chemioterapici e la proliferazione tumorale viene bloccata in modo significativo. “La scoperta apre promettenti prospettive terapeutiche sia per i pazienti affetti da carcinoma renale, che in generale per altri tumori che resistono all’azione dei chemioterapici, perché aggiunge un nuovo tassello alla comprensione dei meccanismi di arresto della proliferazione tumorale in risposta ai chemioterapici”, conclude la ricercatrice Cnr.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di biomembrane e bioenergetica del Cnr di Bari (Alessio Valletti e Graziano Pesole), delle Università di Bari (Anna Maria D’Erchia, Francesca Mastropasqua, Italia Aiello) e di Foggia (Margherita Gigante, Elena Ranieri) e del Centro di ricerca di cancerologia di Lione (Hélène Simonnet).