Teatro, al Sannazaro “Shakespea Re di Napoli” diretto da Ruggero Cappuccio con Claudio Di Palma e Ciro Damiano
Da venerdì 11 gennaio 2019 alle ore 21.00 (sabato 12 ore 21.00-domenica 13 ore 18.00) per la linea “A volte ritornano” va in scena al teatro Sannazaro “Shakespea Re di Napoli” diretto da Ruggero Cappuccio con Claudio Di Palma e Ciro Damiano.
Lo spettacolo, che da vent’anni attraversa i palcoscenici dei teatri italiani ed esteri, ritorna a Napoli. Il testo di Ruggero Cappuccio, pubblicato nella Collana Classici nella Collana Einaudi, è interpretato da Claudio Di Palma e Ciro Damiano. La messinscena nata al Festival di Sant’Arcangelo nel 1994 ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali. “Shakespea Re di Napoli” continua ad affascinare platee e generazioni diverse costituendo uno dei rarissimi esempi di lunga durata nell’ambito delle piccole produzioni private italiane.
In molti hanno teorizzato intorno all’origine ispirativa dei Sonetti di “Shakespea Re di Napoli”. Così il misterioso W.H. cui sono dedicati i centocinquantaquattro componimenti del Poeta di Stratford, ha finito per assumere ora le sembianze del conte di Pembroke, ora quelle di Lord Southampton. Tuttavia, le immagini dei due gentiluomini inglesi hanno ceduto il passo, specie nell’ultimo secolo, a nuove e sempre più approfondite indagini testuali, fino alla capitolazione finale ad opera di analisi incentrate sui riferimenti ermetici e simbolici annidati nei Sonnets.
Da un’attenta lettura dei versi si deduce che il giovane amico “… dai profondi occhi sognanti…” per il quale Shakespeare innalzava il suo canto struggente, doveva essere una persona in grado di rappresentare un fattore vitale per l’evoluzione dell’arte drammaturgica del grande William. W. H., allora, riaffiora dai penetrali del suo secolare mistero: si tratta dell’attore fanciullo del teatro di Shakespeare: di colui che, come scrive Wilde, fu primo e indimenticabile interprete di Viola, Desdemona, Rosalinda, Giulietta. In “Shakespea Re di Napoli” il mistero dei Sonnets si addensa in una storia in cui le antiche suggestioni legate a Willie Huges e l’attore fanciullo del teatro Elisabettiano, sfociano in un racconto che nella fantasia e nella forza immaginativa pone radici per una pura intuizione poetica sulla natura dei Sonetti. Nella messinscena la straordinaria musicalità della lingua di Shakespeare viene assimilata alla grande vocazione lirica della cultura letteraria del barocco napoletano. Il senso del suono diviene quasi suono dei sensi, dell’inesausto intreccio di endecasillabi e settenari. Sullo sfondo, una misteriosa notte di Carnevale, un castello, un vicerè, due storie e l’ombra di Shakespeare. Tutto nel gurgite di passioni incandescenti, agonizzanti silenzi, violente rinascite delle parole, ferita impietosamente nella sfida con l’autore, il genio, la bellezza e la morte, che dal vicino mare limpido e putrescente esala il brivido presago della peste.