Smaltimento illegale di rifiuti e riutilizzo di latte scaduto: arrestato
Guai giudiziari per un 75enne storico patron dei marchi ‘Foreste Molisane’ e ‘Latte Matese’, la quale è accusato di aver minacciato alcuni dipendenti di licenziamento, costringendoli a smaltire, direttamente nel fiume Volturno, degli effluenti dell’allevamento di bestiame e dei reflui provenienti dalle sale di mungitura. A svelarlo una indagine della procura di Santa Maria Capua Vetere, a firma del pm Raffaella Capasso, delegata al corpo forestale dello Stato di Caserta. Sempre nel fiume, finivano direttamente e senza un benchè minimo filtraggio le acque di lavaggio delle stalle e delle sale di mungitura, addizionate a prodotti detergenti e acidi “di notevole intensita’”, scrive la procura in una nota. E rifiuti speciali finivano interrati o bruciati. Gravante, storico imprenditore casertano impegnato da oltre quaranta anni nel settore zootecnico per la produzione di latte, gia’ titolare dell’originario marchio del “Latte Matese”, non solo ha vari allevamenti dislocati nel comune di Gioia Sannitica, ma, nel medesimo complesso aziendale, dell’estensione di oltre 500 ettari, e’ proprietario anche di una centrale del latte, dove, fino al novembre dello scorso anno, avveniva la trasformazione e l’imbottigliamento di latte vaccino, rivenduto con il marchio commerciale ‘Foreste Molisane’. Le indagini sono partite dai racconti di un ex dipendente che si e’ autodenunciato, ammettendo di aver preso parte, per lunghi anni, a questo smaltimento illecito. La denuncia ha trovato immediato riscontro investigativo con il rinvenimento nell’azienda del Gravante di un’attivita’ di smaltimento illecito di rifiuti speciali effettuata direttamente nel fiume Volturno, grazie a un sistema di pompe idrauliche nascoste e canalizzazioni approntate all’occorrenza. L’attivita’ di smaltimento consumatasi dal 1994 fino a qualche mese fa, avveniva di sera o di notte, per eludere controlli, approfittando anche dei momenti in cui le acque del fiume fossero state rese limacciose dalle acque piovane. Qualche anno fa il WWF denuncio’ lo stato di degrado del fiume Volturno e, di conseguenza, del litorale domitio. Furono svolte indagini di telerilevamento a partire dal 2011 da parte del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia costiera di Napoli, delegati dalla procura samaritana, e furono posti sotto sequestro una serie di scarichi illeciti, alcuni provenienti proprio da aziende bufaline, ma non da quelli di Gravante, per la sua abilita’ e quella dei suoi collaboratori, annota la procura, nell’eludere controlli. L’ex dipendente ha pero’ fatto una crepa estesa nel “muro di omerta’ che proteggeva l’illecita attivita’ protrattasi per una ventina di anni”. Alla prima autodenuncia sono seguite circostanziate e concordanti dichiarazioni da parte di altri ex dipendenti, che hanno ammesso di essere stati costretti ad agire in quel modo con la minaccia di essere licenziati. Tutti sono ora indagati a piede libero per il reato di gestione non autorizzata di rifiuti. “Per avere un’idea della gravita dell’inquinamento arrecato dagli sversamenti illeciti nel fiume Volturno – scrive il pm Capasso – basti pensare che un allevamento bovino come quello in oggetto, della consistenza di tremila/tremilacinquecento capi, rilascia un carico organico specifico pari a quello di una citta’ di circa 24mila persone”. Anche i rifiuti speciali prodotti dalle attivita’ dell’ imbottigliamento del latte venivano smaltiti illecitamente nel terreno aziendale, all’interno di grosse buche, con attivita’ di tombamento e bruciamento di rifiuti. Un dipendente ha dichiarato che, all’epoca della centrale del latte, e comunque dal 1994 fino al 2008, ogni giorno si sono interrati e bruciati, su una superficie di circa 100 metri quadrati e a una profondita’ di circa 3 metri, tutti gli scarti dell’azienda (bottiglie in tetrapack, in p.e. e in pet, nonche’ etichette di carta e plastica), per un equivalente di circa 6,5 quintali al giorno. Naturalmente per un risparmio sui costi di smaltimento, che si aggiravano sui 30 centesimi circa al chilo, oltre i costi di trasporto e affitto dei cassoni, quantificato in in 72mila euro l’anno, circa un milione in 15 anni, a scapito delle matrici ambientali. Il comune di Gioia Sannitica, nel 2007, ha conferire a Gravante la cittadinanza onoraria, in quanto “re del latte”. “Spesso il reso delle bottiglie veniva nuovamente distribuito per la produzione in corso e mischiato al latte fresco”. A raccontarlo agli inquirenti è uno dei dipendenti di Antonio Gravante, patron di Foreste Molisane e di Latte Matese. In sostanza, secondo quanto si legge nella nota dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, il testimone ha riferito che il latte scaduto veniva mischiato con quello in lavorazione e poi commercializzato.