Papa Francesco a Napoli, giornata storica per tutta la cittá

 Papa Francesco a Napoli, giornata storica per tutta la cittá

Alle ore 7 di questa mattina, il Santo Padre Francesco è partito in elicottero dall’eliporto vaticano per la Visita Pastorale a Pompei e Napoli.

Al Suo arrivo, poco prima delle ore 8, nell’Area Meeting del Santuario di Pompei, è stato accolto da S.E. Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario, e dal Sindaco della Città, Sig. Nando Uliano.

Raggiunto in auto il Santuario e accolto dal Rettore Mons. Pasquale Mocerino, il Santo Padre ha recitato la “Piccola Supplica” davanti all’immagine della Beata Vergine Maria del Santo Rosario.

Prima di ritornare all’elicottero per trasferirsi a Napoli, il Papa ha salutato dal sagrato i fedeli presenti sulla piazza del Santuario, e che avevano vegliato in preghiera tutta la notte. Queste le parole del Papa:

Parole del Santo Padre

Grazie tante! Grazie tante, per questa calorosa accoglienza. Abbiamo pregato la Madonna, perché ci benedica tutti: voi, me, e tutto il mondo. Abbiamo bisogno della Madonna, perché ci custodisca. E pregate per me, non dimenticatevi. Adesso vi invito a recitare tutti insieme un’Ave Maria alla Madonna e poi vi darò la Benedizione.

[00464-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Incontro con la popolazione del Rione Scampia e con diverse categorie sociali a Napoli

Al Suo arrivo in elicottero nel campo sportivo comunale di Scampia, il Santo Padre Francesco è stato accolto dall’Arcivescovo di Napoli, Card. Crescenzio Sepe, dal Presidente della Regione Campania, On. Stefano Caldoro, dal Prefetto di Napoli, Dott.ssa Gerarda Pantalone, e dal Sindaco della Città, Dr. Luigi De Magistris.

In auto, il Papa ha raggiunto Piazza Giovanni Paolo II dove, poco prima delle 9.30, ha incontrato la popolazione del Rione Scampia e diverse categorie sociali in rappresentanza del mondo della cultura, della legalità, dei professionisti, del mondo del lavoro, degli emarginati e dei migranti. L’incontro si è aperto con l’indirizzo di saluto del Cardinal Sepe, quindi il Sindaco ha consegnato al Papa le chiavi della Città. Hanno preso poi la parola un’immigrata della Comunità delle Filippine; un lavoratore; e il Presidente della Corte d’Appello di Napoli. Infine il Santo Padre ha rivolto ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Ho voluto incominciare da qui, da questa periferia, la mia visita a Napoli. Saluto tutti voi e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Davvero si vede che i napoletani non sono freddi! Ringrazio il vostro Arcivescovo per avermi invitato – anche minacciato se non fossi venuto a Napoli – per le sue parole di benvenuto; e grazie a coloro che hanno dato voce alle realtà dei migranti, dei lavoratori e dei magistrati.

Voi appartenete a un popolo dalla lunga storia, attraversata da vicende complesse e drammatiche. La vita a Napoli non è mai stata facile, però non è mai stata triste! È questa la vostra grande risorsa: la gioia, l’allegria. Il cammino quotidiano in questa città, con le sue difficoltà e i suoi disagi e talvolta le sue dure prove, produce una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi dopo ogni caduta, e a fare in modo che il male non abbia mai l’ultima parola. Questa è una sfida bella: non lasciare mai che il male abbia l’ultima parola. È la speranza, lo sapete bene, questo grande patrimonio, questa “leva dell’anima”, tanto preziosa, ma anche esposta ad assalti e ruberie.

Lo sappiamo, chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza, guadagna qualcosina ma ruba speranza a sé stesso, agli altri, alla società. La via del male è una via che ruba sempre speranza, la ruba anche alla gente onesta e laboriosa, e anche alla buona fama della città, alla sua economia.

Vorrei rispondere alla sorella che ha parlato a nome degli immigrati e dei senza fissa dimora. Lei ha chiesto una parola che assicuri che i migranti sono figli di Dio e che sono cittadini. Ma è necessario arrivare a questo? I migranti sono esseri umani di seconda classe? Dobbiamo far sentire ai nostri fratelli e sorelle migranti che sono cittadini, che sono come noi, figli di Dio, che sono migranti come noi, perché tutti noi siamo migranti verso un’altra patria, e magari arriveremo tutti. E nessuno si perda per il cammino! Tutti siamo migranti, figli di Dio che ci ha messo tutti in cammino. Non si può dire: “Ma i migranti sono così…Noi siamo…”. No! Tutti siamo migranti, tutti siamo in cammino. E questa parola che tutti siamo migranti non è scritta su un libro, è scritta nella nostra carne, nel nostro cammino di vita, che ci assicura che in Gesù tutti siamo figli di Dio, figli amati, figli voluti, figli salvati. Pensiamo a questo: tutti siamo migranti nel cammino della vita, nessuno di noi ha dimora fissa in questa terra, tutti ce ne dobbiamo andare. E tutti dobbiamo andare a trovare Dio: uno prima, l’altro dopo, o come diceva quell’anziano, quel vecchietto furbo: “Sì, sì, tutti! Andate voi, io vado per ultimo!”. Tutti dobbiamo andarci.

Poi c’è stato l’intervento del lavoratore. E ringrazio anche lui, perché naturalmente volevo toccare questo punto, che è un segno negativo del nostro tempo. In modo speciale lo è la mancanza di lavoro per i giovani. Ma voi pensate: più del 40 per cento dei giovani dai 25 anni in giù non ha lavoro! Questo è grave! Cosa fa un giovane senza lavoro? Che futuro ha? Che strada di vita sceglie? Questa è una responsabilità non solo della città, non solo del Paese, ma del mondo! Perché? Perché c’è un sistema economico che scarta la gente e adesso è il turno dei giovani a essere scartati, cioè senza lavoro. Questo è grave! “Ma ci sono le opere di carità, ci sono i volontariati, c’è la Caritas, c’è quel centro, c’è quel club che dà da mangiare…”. Ma il problema non è mangiare, il problema più grave è non avere la possibilità di portare il pane a casa, di guadagnarlo! E quando non si guadagna il pane, si perde la dignità! Questa mancanza di lavoro ci ruba la dignità. Dobbiamo lottare per questo, dobbiamo difendere la nostra dignità di cittadini, di uomini, di donne, di giovani. Questo è il dramma del nostro tempo. Non dobbiamo rimanere zitti.

Penso anche al lavoro a metà. Cosa voglio dire con questo? Lo sfruttamento delle persone nel lavoro. Alcune settimane fa, una ragazza che aveva bisogno di lavoro, ne ha trovato uno in una ditta turistica e le condizioni erano queste: 11 ore di lavoro, 600 euro al mese senza nessun contributo per la pensione. “Ma è poco per 11 ore!”. “Se non ti piace, guarda la coda di gente che sta aspettando il lavoro!”. Questo si chiama schiavitù, questo si chiama sfruttamento, questo non è umano, questo non è cristiano. E se quello che fa così si dice cristiano è un bugiardo, non dice il vero, non è cristiano. Anche lo sfruttamento del lavoro in nero – tu lavori senza contratto e ti pago quello che voglio – è sfruttamento delle persone. “Senza i contributi per la pensione e per la salute?”. “A me non interessa”.

Io ti capisco bene, fratello, e ti ringrazio per quello che hai detto. Dobbiamo riprendere la lotta per la nostra dignità che è la lotta per cercare, per trovare, per ritrovare la possibilità di portare il pane a casa! Questa è la nostra lotta!

E qui penso all’intervento del Presidente della Corte di Appello. Lui ha usato una bella espressione “percorso di speranza” e ricordava un motto di san Giovanni Bosco: “buoni cristiani e onesti cittadini”, rivolto ai bambini e ai ragazzi. Il percorso di speranza per i bambini – questi che sono qui e per tutti – è prima di tutto l’educazione, ma una vera educazione, il percorso di educare per un futuro: questo previene e aiuta ad andare avanti. Il giudice ha detto una parola che io vorrei riprendere, una parola che si usa molto oggi, il giudice ha detto “corruzione”. Ma, ditemi, se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti, nessuno di noi può dire: “io non sarò mai corrotto”. No! E’ una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento delle persone. Quanta corruzione c’è nel mondo! E’ una parola brutta, se ci pensiamo un po’. Perché una cosa corrotta è una cosa sporca! Se noi troviamo un animale morto che si sta corrompendo, che è “corrotto”, è brutto e puzza anche. La corruzione puzza! La società corrotta puzza! Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, puzza!

Cari amici, la mia presenza vuole essere un impulso a un cammino di speranza, di rinascita e di risanamento già in corso. Conosco l’impegno, generoso e fattivo, della Chiesa, presente con le sue comunità e i suoi servizi nel vivo della realtà di Scampia; come pure la continua mobilitazione di gruppi di volontari, che non fanno mancare il loro aiuto.

Incoraggio anche la presenza e l’attivo impegno delle Istituzioni cittadine, perché una comunità non può progredire senza il loro sostegno, tanto più in momenti di crisi e in presenza di situazioni sociali difficili e talvolta estreme. La “buona politica” è un servizio alle persone, che si esercita in primo luogo a livello locale, dove il peso delle inadempienze, dei ritardi, delle vere e proprie omissioni è più diretto e fa più male. La buona politica è una delle espressioni più alte della carità, del servizio e dell’amore. Fate una buona politica, ma fra di voi: la politica si fa tutti insieme! Fra tutti si fa una buona politica!

Napoli è sempre pronta a risorgere, facendo leva su una speranza forgiata da mille prove, e perciò risorsa autentica e concreta sulla quale contare in ogni momento. La sua radice risiede nell’animo stesso dei Napoletani, soprattutto nella loro gioia, nella loro religiosità, nella loro pietà! Vi auguro che abbiate il coraggio di andare avanti con questa gioia, con questa radice, il coraggio di portare avanti la speranza, di non rubare mai la speranza a nessuno, di andare avanti per la strada del bene, non per la strada del male, di andare avanti nell’accoglienza di tutti quelli che vengono a Napoli da qualunque Paese: siano tutti napoletani, imparino il napoletano che è tanto dolce e tanto bello! Vi auguro di andare avanti nel cercare fonti di lavoro, perché tutti abbiano la dignità di portare il pane a casa, e di andare avanti nella pulizia della propria anima, nella pulizia della città, nella pulizia della società perché non ci sia quella puzza della corruzione!

Vi auguro il meglio, andate avanti e San Gennaro, vostro Patrono, vi assista e interceda per voi.

Benedico di cuore tutti voi, benedico le vostre famiglie e questo vostro quartiere, benedico i bambini che sono qui attorno a noi. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. ‘A Maronna v’accumpagne!

Al termine, il Papa ha lasciato il Rione Scampia e si è trasferito in auto a Piazza Plebiscito per la Concelebrazione Eucaristica. il Santo Padre Francesco ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica per i fedeli della diocesi di Napoli.

Al suo arrivo, ha salutato i Vescovi concelebranti e i rappresentanti di altre Chiese presenti a Napoli.

Al termine della Santa Messa, l’Arcivescovo di Napoli, Card. Crescenzio Sepe, ha rivolto al Papa un indirizzo di saluto.

Di seguito riportiamo il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della Celebrazione, dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Il passo del Vangelo che abbiamo ascoltato ci presenta una scena ambientata nel tempio di Gerusalemme, al culmine della festa ebraica delle capanne, dopo che Gesù ha proclamato una grande profezia rivelandosi come sorgente dell’“acqua viva”, cioè lo Spirito Santo (cfr Gv 7,37-39). Allora la gente, molto impressionata, si mette a discutere su di Lui. Anche oggi la gente discute su di Lui. Alcuni sono entusiasti e dicono che «è davvero il profeta» (v. 40). Qualcuno addirittura afferma: «Costui è il Cristo!» (v. 41). Ma altri si oppongono perché – dicono – il Messia non viene dalla Galilea, ma dalla stirpe di Davide, da Betlemme; e così, senza saperlo, confermano proprio l’identità di Gesù.

I capi dei sacerdoti avevano mandato delle guardie per arrestarlo, come si fa nelle dittature, ma queste ritornano a mani vuote e dicono: «Mai un uomo ha parlato così!» (v. 45). Ecco la voce della verità, che risuona in quegli uomini semplici.

La parola del Signore, ieri come oggi, provoca sempre una divisione: la parola di Dio divide, sempre! Provoca una divisione tra chi la accoglie e chi la rifiuta. A volte un contrasto interiore si accende anche nel nostro cuore; questo accade quando avvertiamo il fascino, la bellezza e la verità delle parole di Gesù, ma nello stesso tempo le respingiamo perché ci mettono in discussione, ci mettono in difficoltà e ci costa troppo osservarle.

Oggi sono venuto a Napoli per proclamare insieme a voi: Gesù è il Signore! Ma non voglio dirlo solo io: voglio sentirlo da voi, da tutti, adesso, tutti insieme “Gesù è il Signore!”, un’altra volta “Gesù è il Signore!” Nessuno parla come Lui! Lui solo ha parole di misericordia che possono guarire le ferite del nostro cuore. Lui solo ha parole di vita eterna (cfr Gv 6,68).

La parola di Cristo è potente: non ha la potenza del mondo, ma quella di Dio, che è forte nell’umiltà, anche nella debolezza. La sua potenza è quella dell’amore: questa è la potenza della parola di Dio! Un amore che non conosce confini, un amore che ci fa amare gli altri prima di noi stessi. La parola di Gesù, il santo Vangelo, insegna che i veri beati sono i poveri in spirito, i non violenti, i miti, gli operatori di pace e di giustizia. Questa è la forza che cambia il mondo! Questa è la parola che dà forza ed è capace di cambiare il mondo. Non c’è un’altra strada per cambiare il mondo.

La parola di Cristo vuole raggiungere tutti, in particolare quanti vivono nelle periferie dell’esistenza, perché trovino in Lui il centro della loro vita e la sorgente della speranza. E noi, che abbiamo avuto la grazia di ricevere questa Parola di Vita – è una grazia ricevere la parola di Dio! – siamo chiamati ad andare, a uscire dai nostri recinti e, con ardore di cuore, portare a tutti la misericordia, la tenerezza, l’amicizia di Dio: questo è un lavoro che tocca a tutti, ma in modo speciale a voi sacerdoti. Portare misericordia, portare perdono, portare pace, portare gioia nei Sacramenti e nell’ascolto. Che il popolo di Dio possa trovare in voi uomini misericordiosi come Gesù. Nello stesso tempo ogni parrocchia e ogni realtà ecclesiale diventi santuario per chi cerca Dio e casa accogliente per i poveri, gli anziani e quanti si trovano nel bisogno. Andare e accogliere: così pulsa il cuore della madre Chiesa, e di tutti i suoi figli. Vai, accogli! Vai, cerca! Vai, porta amore, misericordia, tenerezza.

Quando i cuori si aprono al Vangelo, il mondo comincia a cambiare e l’umanità risorge! Se accogliamo e viviamo ogni giorno la Parola di Gesù, risorgiamo con Lui.

La Quaresima che stiamo vivendo fa risuonare nella Chiesa questo messaggio, mentre camminiamo verso la Pasqua: in tutto il popolo di Dio si riaccende la speranza di risorgere con Cristo, nostro Salvatore. Che non giunga invano la grazia di questa Pasqua, per il popolo di Dio di questa città! Che la grazia della Risurrezione sia accolta da ognuno di voi, perché Napoli sia piena della speranza di Cristo Signore! La speranza: “Largo alla speranza”, dice il motto di questa mia Visita. Lo dico a tutti, in modo particolare ai giovani: apritevi alla potenza di Gesù Risorto, e porterete frutti di vita nuova in questa città: frutti di condivisione, di riconciliazione, di servizio, di fraternità. Lasciatevi avvolgere, abbracciare dalla sua misericordia, dalla misericordia di Gesù, di quella misericordia che soltanto Gesù ci porta.

Cari napoletani, largo alla speranza e non lasciatevi rubare la speranza! Non cedete alle lusinghe di facili guadagni o di redditi disonesti: questo è pane per oggi e fame per domani. Non ti può portare niente! Reagite con fermezza alle organizzazioni che sfruttano e corrompono i giovani, i poveri e i deboli, con il cinico commercio della droga e altri crimini. Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate che la vostra gioventù sia sfruttata da questa gente! La corruzione e la delinquenza non sfigurino il volto di questa bella città! E di più: non sfigurino la gioia del vostro cuore napoletano! Ai criminali e a tutti i loro complici oggi io umilmente, come fratello, ripeto: convertitevi all’amore e alla giustizia! Lasciatevi trovare dalla misericordia di Dio! Siate consapevoli che Gesù vi sta cercando per abbracciarvi, per baciarvi, per amarvi di più. Con la grazia di Dio, che perdona tutto e perdona sempre, è possibile ritornare a una vita onesta. Ve lo chiedono anche le lacrime delle madri di Napoli, mescolate con quelle di Maria, la Madre celeste invocata a Piedigrotta e in tante chiese di Napoli. Queste lacrime sciolgano la durezza dei cuori e riconducano tutti sulla via del bene.

Oggi incomincia la primavera e la primavera porta speranza: tempo di speranza. E l’oggi di Napoli è tempo di riscatto per Napoli: questo è il mio augurio e la mia preghiera per una città che ha in sé tante potenzialità spirituali, culturali e umane, e soprattutto tanta capacità di amare. Le autorità, le istituzioni, le varie realtà sociali e i cittadini, tutti insieme e concordi, possono costruire un futuro migliore. E il futuro di Napoli non è ripiegarsi rassegnata su sé stessa: questo non è il vostro futuro! Ma il futuro di Napoli è aprirsi con fiducia al mondo, dare largo alla speranza. Questa città può trovare nella misericordia di Gesù, che fa nuove tutte le cose, la forza per andare avanti con speranza, la forza per tante esistenze, tante famiglie e comunità. Sperare è già resistere al male. Sperare è guardare il mondo con lo sguardo e con il cuore di Dio. Sperare è scommettere sulla misericordia di Dio che è Padre e perdona sempre e perdona tutto.

Dio, fonte della nostra gioia e ragione della nostra speranza, vive nelle nostre città. Dio vive a Napoli! La sua grazia e la sua benedizione sostengano il vostro cammino nella fede, nella carità e nella speranza, i vostri propositi di bene e i vostri progetti di riscatto morale e sociale. Abbiamo tutti insieme proclamato Gesù come il Signore: diciamolo ancora alla fine: “Gesù è il Signore!”, tutti tre volte: “Gesù è il Signore!”. E ca ‘a Maronna v’accumpagne!

Al termine della celebrazione della Santa Messa, Papa Francesco si è trasferito in auto alla Casa Circondariale di Poggioreale.

Nel pomeriggio, prima di lasciare l’Arcivescovado, il Papa ha salutato i Vescovi Ausiliari di Napoli e i Membri della Segreteria e del Comitato organizzatore della Visita.

Quindi ha raggiunto il Duomo per l’incontro con i sacerdoti, i religiosi, i diaconi permanenti e i seminaristi.

Nella Cappella di Santa Restituta il Papa ha acceso un cero votivo davanti alla Madonna del Principio, quindi in Cattedrale ha venerato le Reliquie di San Gennaro.

Nel corso dell’incontro, al quale hanno preso parte anche le Claustrali della diocesi, dopo le domande postegli dal Vicario Episcopale per il Clero e dal Vicario Episcopale per la Vita Consacrata, Papa Francesco ha rivolto ai presenti un discorso a braccio, dando per letto quello preparato.

Questo il testo preparato dal Santo Padre:

Discorso preparato dal Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio!

Vi ringrazio per la vostra accoglienza in questo luogo-simbolo della fede e della storia di Napoli: la Cattedrale. Grazie, Signor Cardinale, per aver introdotto questo nostro incontro; e grazie ai due fratelli che hanno posto le domande a nome di tutti.

Vorrei partire da quella espressione che ha detto il Vicario per il Clero: “Essere preti è bello”. Sì, è bello essere preti, e anche essere consacrati. Mi rivolgo prima ai sacerdoti, e poi ai consacrati.

Condivido con voi la sorpresa sempre nuova di essere chiamato dal Signore a seguirlo, a stare con Lui, ad andare verso la gente portando la sua parola, il suo perdono… Davvero, è una cosa grande che ci è capitata, una grazia del Signore che si rinnova ogni giorno. Immagino che in una realtà impegnativa come Napoli, con antiche e nuove sfide, ci si butta a capofitto per andare incontro alle necessità di tanti fratelli e sorelle, correndo il rischio di venire totalmente assorbiti. Occorre sempre trovare il tempo per stare davanti al Tabernacolo, sostare lì in silenzio, per sentire su di noi lo sguardo di Gesù, che ci rinnova e ci rianima. E se lo stare davanti a Gesù ci inquieta un po’, è buon segno, ci farà bene! È proprio della preghiera mostrarci se stiamo camminando sulla via della vita o su quella della menzogna, come dice il Salmo (cfr 138,24), se lavoriamo come buoni operai oppure siamo diventati degli “impiegati”, se siamo dei “canali” aperti, attraverso cui scorre l’amore e la grazia del Signore, o se invece mettiamo al centro noi stessi, finendo per diventare degli “schermi” che non aiutano l’incontro con il Signore.

E poi c’è la bellezza della fraternità, dell’essere preti insieme, del seguire il Signore non da soli, non individualmente, ma insieme, nella grande varietà dei doni e delle personalità, e il tutto vissuto nella comunione e nella fraternità. Anche questo non è facile, non è immediato e scontato, perché anche noi preti viviamo immersi in questa cultura soggettivistica di oggi, che esalta l’io fino ad idolatrarlo. E poi c’è anche un certo individualismo pastorale, che comporta la tentazione di andare avanti da soli, o con il piccolo gruppo di quelli che “la pensano come me”… Sappiamo invece che tutti sono chiamati a vivere la comunione in Cristo nel presbiterio, intorno al Vescovo. Si possono, anzi si devono cercare sempre forme concrete adeguate ai tempi e alla realtà del territorio, ma questa ricerca pastorale e missionaria va fatta in atteggiamento di comunione, con umiltà e fraternità.

E non dimentichiamo la bellezza del camminare con il popolo. So che da qualche anno la vostra comunità diocesana ha intrapreso un impegnativo percorso di riscoperta della fede, a contatto con una realtà cittadina che vuole rialzarsi e ha bisogno della collaborazione di tutti. Vi incoraggio pertanto ad uscire per andare incontro all’altro, ad aprire le porte e raggiungere le famiglie, gli ammalati, i giovani, gli anziani, là dove vivono, cercandoli, affiancandoli, sostenendoli, per celebrare con loro la liturgia della vita. In particolare, sarà bello accompagnare le famiglie nella sfida di generare ed educare i figli. I bambini sono un “segno diagnostico”, per vedere la salute della società. I bambini non vanno viziati, ma vanno amati! E noi sacerdoti siamo chiamati ad accompagnare le famiglie perché i bambini siano educati alla vita cristiana.

Il secondo intervento faceva riferimento alla vita consacrata, e ha menzionato luci e ombre. C’è sempre la tentazione di sottolineare di più le ombre a discapito delle luci. Questo però porta a ripiegarci su noi stessi, a recriminare in continuazione, ad accusare sempre gli altri. E invece, specialmente durante questo Anno della Vita Consacrata, lasciamo emergere in noi e nelle nostre comunità la bellezza della nostra vocazione, perché sia vero che «dove ci sono i religiosi c’è gioia». Con questo spirito ho scritto la Lettera ai consacrati, e spero che vi stia aiutando nel vostro cammino personale e comunitario. Vorrei domandarvi: com’è il “clima” nelle vostre comunità? C’è questa gratitudine, c’è questa gioia di Dio che colma il nostro cuore? Se c’è questo, allora si realizza il mio auspicio che non ci siano tra noi volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché “una sequela triste è una triste sequela” (ivi, II, 1).

Cari fratelli e sorelle consacrati, vi auguro di testimoniare, con umiltà e semplicità, che la vita consacrata è un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo. Un dono da non trattenere per sé stessi, ma da condividere, portando Cristo in ogni angolo di questa città. Che la vostra quotidiana gratitudine a Dio trovi espressione nel desiderio di attirare i cuori a Lui, e di accompagnarli nel cammino. Sia nella vita contemplativa, sia in quella apostolica, possiate sentire forte in voi l’amore per la Chiesa e contribuire, mediante il vostro specifico carisma, alla sua missione di proclamare il Vangelo e di edificare il popolo di Dio nell’unità, nella santità e nell’amore.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio. Andiamo avanti, animati dal comune amore per il Signore e per la santa madre Chiesa. Vi benedico di cuore. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

Al termine, il Santo Padre ha lasciato il Duomo e si è recato in auto alla Basilica del Gesù Nuovo per incontrare gli ammalati.

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