Operazione “CASH”: sgominata associazione per delinquere dedita alla frode fiscale

 Operazione “CASH”: sgominata associazione per delinquere dedita alla frode fiscale

BRESCIA – Nella giornata di ieri, a conclusione di articolate indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Brescia, i Finanzieri della Compagnia di Chiari hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del locale Tribunale, con la quale è stato disposto l’arresto di cinque persone, accusate di aver frodato l’Erario per milioni di euro. Le indagini, avviate nel 2012 con l’esecuzione di decine di perquisizioni presso gli uffici e le abitazioni dei principali soggetti indagati, hanno consentito di sgominare una associazione criminosa dedita alla frode fiscale, radicata nei territori occidentali della provincia di Brescia ed in quelli bergamaschi immediatamente limitrofi. I reati contestati all’esito dell’operazione denominata “CASH” sono: corruzione, associazione per delinquere, emissione ed utilizzo di fatture false, omessa ed infedele dichiarazione, occultamento e/o distruzione di scritture contabili, indebita compensazione. Il sistema di “risparmio” illecito di imposte e contributi escogitato dal sodalizio era fondato, in estrema sintesi, sulla “interposizione fittizia di manodopera”. Nello specifico, attraverso le indagini condotte dai Finanzieri, è stata riscontrata una realtà fattuale completamente diversa dall’apparenza formale, nella misura in cui è stata smascherata la natura di “cartiera” di svariate società, esistenti esclusivamente “su carta” e deputate unicamente a “produrre carta”, oltreché ad assumere “cartolarmente” i lavoratori. Queste “cartiere”, schermi giuridici rivelatisi meri “contenitori” di operai, venivano strumentalmente utilizzate per la formale assunzione di maestranze, consentendo agli imprenditori effettivamente operanti sul mercato di avvalersi delle “prestazioni di servizi” (manodopera) fornite da queste finte società, con conseguente esonero da ogni forma di responsabilità e da ogni pendenza erariale (fiscale e previdenziale) connessa all’impiego dei dipendenti. La copertura documentale degli artificiosi rapporti economici veniva poi, sistematicamente, garantita da false fatturazioni incrociate. L’utilizzo di queste società “contenitore” aveva quindi lo scopo principale di neutralizzare il cd. “cuneo fiscale” delle imprese che realmente si avvalevano di quella forza lavoro, attraverso la fraudolenta esternalizzazione degli oneri tributari e previdenziali a carico delle entità fittizie, prive di qualsivoglia operatività effettiva. In buona sostanza, chi materialmente usufruiva della manodopera non versava alcun tipo di onere fiscale, previdenziale e/o assistenziale, il cui adempimento veniva appunto dirottato sulle società “contenitore” che avevano apparentemente assunto i dipendenti. Di conseguenza, attraverso le indebite compensazioni d’imposte e contributi, il “peso” di questo carico tributario, pur gravando formalmente sulle società “contenitore”, veniva sostanzialmente traslato sull’Erario e sulle casse degli Enti previdenziali ed assistenziali e, quindi, accollato di fatto alla collettività. Fondamentale per la perfetta affermazione del disegno criminoso è risultata la “collaborazione” fornita dal Direttore di un Ufficio postale, accusato di corruzione. Nel corso delle indagini è stato scoperto che quest’ultimo, dietro laute regalie, non ha adempiuto agli obblighi antiriciclaggio fissati dal Decreto Legislativo n. 231/2007, omettendo di segnalare alla Banca d’Italia le ingenti, quanto anomale, operazioni di prelevamento di contanti effettuate sui conti correnti delle società coinvolte (pari nel solo biennio 2010/2012 a circa 20 milioni di euro). In definitiva, all’esito delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza clarense sotto la direzione dell’Autorità Giudiziaria bresciana, è emersa la gestione organizzata di una vera e propria filiera di enti fittizi, intestati a prestanome, aventi quale scopo l’assunzione solo formale di dipendenti e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti a favore di una consolidata clientela di imprese e società (per lo più, ma non solo, operanti nel settore dell’edilizia ed appartenenti alla medesima area geografica), il tutto con la preziosa compiacenza del pubblico ufficiale corrotto. Il danno complessivo per l’Erario, in termini di minor gettito, è stato quantificato in circa 10 milioni di euro, cagionato proprio da fittizi rapporti di lavoro coperti da false fatturazioni per oltre 40 milioni di euro.

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