Nuovo report di Terre des Hommes: incremento del lavoro minorile tra i bambini rifugiati siriani
Il lavoro minorile tra i rifugiati siriani ha raggiunto dimensioni allarmanti. Terre des Hommes, organizzazione presente in Siria e nei paesi limitrofi, ha verificato sul campo l’aumento vertiginoso dei casi di bambini costretti a lavorare, come riporta nel suo nuovo report “We Struggle to Survive” (Ci sacrifichiamo per vivere) presentato in occasione della Giornata Mondiale contro il lavoro minorile 2016. “Le disperate condizioni di vita dei siriani dopo cinque anni di conflitto stanno spingendo sempre più minori ad accettare qualsiasi lavoro, anche quelli più pesanti o pericolosi”, dichiara Raffaele Salinari, Presidente di Terre des Hommes. “Sebbene non siano disponibili dati ufficiali sul numero dei bambini lavoratori, abbiamo riscontrato che tra le famiglie rifugiate il ricorso al lavoro dei bambini sta diventando la risposta più comune alla drammatica mancanza di risorse economiche e di accesso gratuito ai servizi di base. Chiediamo quindi ai governi che ospitano i rifugiati e alle agenzie umanitarie di adottare immediatamente meccanismi di protezione dei bambini e di prevenzione del loro sfruttamento che tengano conto della complessità del fenomeno”.
Il nuovo studio di Terre des Hommes sul lavoro minorile tra i bambini siriani ha coinvolto tutte le organizzazioni della Federazione Terre des Hommes attive in Medio Oriente e le associazioni locali che contribuiscono a portare assistenza ai bambini rifugiati e alle loro famiglie in Siria, Libano, Giordania, Iraq, Turchia, Grecia. All’indagine hanno partecipato direttamente 97 bambini e ragazzi lavoratori, dagli 8 ai 18 anni (86 siriani e 11 iracheni), che hanno portato la loro testimonianza in 10 focus group svolti tra marzo e aprile 2016. Più del 50% di loro ha dichiarato di lavorare più di 7 ore al giorno, il 33% lavora 7 giorni su 7. Alcuni di loro avevano solo 5-6 anni quando hanno iniziato a lavorare.
“Vediamo bambini e bambine siriane lavorare nei campi, cantieri, ristoranti, negozi, fabbriche, allevamenti. Sono per strada a vendere fiori o altra mercanzia, ma anche a mendicare. In Iraq, tra i minori che hanno partecipato al nostro studio un bambino su tre ha dichiarato di essere stato avvicinato da qualcuno che gli aveva proposto di arruolarsi in una delle parti in conflitto”, prosegue Salinari. “Particolarmente preoccupante la presenza del lavoro minorile in Turchia, un paese che aspira ad entrare nell’Unione Europea e l’affacciarsi di questo fenomeno sulla rotta balcanica a seguito della chiusura del confine tra Grecia e Macedonia, con alcuni casi di bambini lavoratori rilevati nella zona di Idomeni, a causa della mancanza di un’adeguata assistenza umanitaria ai migranti”.
I bambini siriani stanno sacrificando la loro infanzia, prendendo su di sé il pesante carico di mantenere o aiutare la propria famiglia con il proprio lavoro. Spesso sono gli unici a poter lavorare, date le restrizioni poste dalla legge dei paesi ospitanti al lavoro legale degli adulti. Adulti che spesso non sono in condizioni di lavorare perché malati o mutilati a causa della guerra. Finiti i risparmi delle famiglie, ridotti i servizi per i rifugiati e tagliati gli aiuti delle Nazioni Unite a causa della mancanza di fondi, i bambini sono stati costretti a cercare un modo per guadagnare. La difficoltà di inserirsi nelle scuole dei paesi ospitanti ha fatto il resto, creando una generazione di bambini che anche quando il conflitto terminerà non avrà la possibilità di aspirare a impieghi specializzati.
Terre des Hommes Italia dal 2012 ad oggi ha dato assistenza a quasi 1.140.000 persone, in maggioranza bambini. Grazie alla sua esperienza in questi cinque anni d’assistenza alle vittime del conflitto, l’organizzazione è in grado di formulare delle raccomandazioni precise alla comunità internazionale e ai governi nazionali dei Paesi coinvolti dai flussi migratori.
Per ridurre o possibilmente eliminare il lavoro minorile dei piccoli siriani Terre des Hommes raccomanda un approccio olistico da integrare nei programmi di Child Protection, includendo tutti gli aspetti del problema, dall’accesso all’istruzione e alla formazione professionale, all’assistenza economica delle famiglie, dando a quest’ultime i mezzi per poter avviare attività generatrici di reddito. Occorre anche garantire un supporto psicologico e psicosociale ai tutti i bambini vittime di disturbi post-traumatici da stress o comunque segnati da quest’esperienza.
Fondamentale è evitare la criminalizzazione dei bambini lavoratori irregolari, essendo loro le prime vittime di un meccanismo di pura sopravvivenza. La mancanza di dati sull’incidenza del fenomeno nei vari stati presi sotto esame impedisce loro di elaborare delle politiche mirate. Per questo Terre des Hommes raccomanda la raccolta continuativa dei dati sul lavoro minorile tra i rifugiati siriani.
Terre des Hommes è in particolare preoccupata per l’accordo tra UE e la Turchia, che potrebbe portare a concrete violazioni del diritto umanitario, ostacolando le richieste di asilo. All’Unione Europea si raccomanda di mettere in atto meccanismi per la prevenzione e la protezione dei bambini rifugiati, in particolare per coloro che sono vittime di sfruttamento lavorativo. Importante è anche la collaborazione tra gli stati per registrare in maniera omogenea i minori stranieri non accompagnati, migliorare il sistema d’accoglienza, proteggerli dallo sfruttamento e favorire il loro accesso all’istruzione e alla formazione professionale.
L’ultima raccomandazione è per il mondo imprenditoriale, a cui si chiede di impegnarsi per evitare il ricorso al lavoro minorile in tutta la filiera di produzione, importazione e commercializzazione dei prodotti, secondo i più alti principi di responsabilità sociale d’impresa.