Non era mai arrivato così tanto vino straniero in Italia come nel 2014
Non era mai arrivato così tanto vino straniero in Italia come nel 2014 che fa segnare il record storico delle importazioni con 278 milioni di chili, in aumento del 46 per cento dall’inizio della crisi nel 2008. E’ quanto emerge da una analisi su dati Istat presentata al Vinitaly dalla Coldiretti che esprime preoccupazione per il fatto che ben 228 milioni di chili (82 per cento) arriva sfuso in cisterne delle quali non si conosce la reale destinazione. La provenienza invece – sottolinea la Coldiretti – è soprattutto spagnola con l’arrivo di ben 154 milioni di chili di vino dalla penisola iberica e dagli Usa da dove sono sbarcati in Italia 47 milioni di chili di vino, la quasi totalità sfusi in recipienti superiori a 2 litri.
Occorre fare chiarezza sulle destinazioni finali di queste produzioni a chilometro illimitato – sottolinea la Coldiretti – per evitare il rischio di frodi ed inganni a danno del Made in Italy come testimonia l’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura promosso dalla Coldiretti con l’ex procuratore Giancarlo Caselli alla guida del comitato scientifico che ha piu’ volte puntato il dito sul pericolo di inganni che si nasconde dietro la mancanza di trasparenza nell’importazione massiccia di materie prime agricole.
Il timore è che un quantitativo elevato venga probabilmente imbottigliato in Italia e senza una adeguata tracciabilità finisca – continua la Coldiretti – per fare concorrenza sleale ai produttori nazionali e ingannare i consumatori.
Per questo – sostiene la Coldiretti – occorre rendere pubblici i nomi delle aziende che importano vino sfuso per consentire ai consumatori piena libertà di scelta. Si tratta di togliere il segreto di Stato sui flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero al fine di contrastare le aggressioni e salvini il Made in Italy conseguenti alla lavorazione nel nostro Paese di prodotti alimentari oggetto di importazione o di scambio intracomunitario e la successiva messa in commercio come prodotti autenticamente italiani.
Finora, infatti, una complessa normativa doganale ha impedito l’accessibilità dei dati senza significative ragioni legate alla tutela della riservatezza – come testimoniato dallo scandalo della carne di cavallo – provocando gravi turbative sul mercato ed ansia e preoccupazione dei consumatori, a fronte all’impossibilità di fare trasparenza sulla provenienza degli alimenti. In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato – conclude il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali.