Milano spende il doppio di Napoli e Bari; le spese delle Città Metropolitane

 Milano spende il doppio di Napoli e Bari; le spese delle Città Metropolitane

A Milano le spese comunali sono il doppio di quelle di Reggio Calabria o Bari e quasi il doppio di quelle di Napoli. È questo uno dei dati emersi dal rapporto elaborato dall’Ufficio Studi Asmel, l’associazione nazionale di Enti Locali che rappresenta oltre 1800 comuni italiani, che ha reso pubblico uno studio sulle spese delle dieci future città metropolitane italiane che colloca ai primi tre posti della classifica dei Comuni spendaccioni: Milano, Venezia e Roma. Il rapporto, elaborato in base agli ultimi dati Istat disponibili, è stato presentato come dato esemplificativo protestare contro la legge sull’accorpamento coatto dei piccoli comuni, un provvedimento varato nel 2010 dall’ultimo governo Berlusconi ma che non è mai riuscito a trovare attuazione. L’ultima proroga è arrivata dal governo Renzi che ha fissato al 30 Settembre il termine per l’entrata in vigore dell’obbligo associativo per i comuni con meno di 5mila abitanti stabilendo anche, con la Legge Delrio, che “la popolazione complessiva minima dell’insieme dei Comuni che si associano, debba essere di almeno 10.000 abitanti”. E negli scorsi giorni, come fa notare il presidente di Asmel, Francesco Pinto, era addirittura arrivata la proposta di Piero Fassino, presidente dell’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, di azzerare tutti i Comuni italiani con meno di 15.000 abitanti, per passare dagli oltre 8mila comuni ad un numero massimo di 2500 comuni in tutto il Paese”. “Evidentemente Fassino – spiega Pinto, presidente di Asmel, l’associazione nazionale di Enti Locali che rappresenta oltre 1800 comuni italiani – non conosce bene i dati sulle spese dei Comuni italiani e ignora la campagna sovietica di estinzione di migliaia di comuni da lui proposta causerebbe un danno enorme alle casse dello Stato, esattamente di 5 miliardi di euro”. I dati sulla spesa dei Comuni: oltre 200 euro in più la spesa pro capite nei comuni con più di 15mila abitanti E infatti secondo gli ultimi dati del Report Istat rielaborati dall’Ufficio Studi Asmel, al crescere del numero degli abitanti le spese dei comuni invece di diminuire crescono. “Nei piccoli Comuni – spiega Pinto – funziona da calmiere il “controllo sociale” sulle spese, tanto più efficace quanto minore è la dimensione demografica ed inoltre i piccoli Municipi si avvalgono di amministratori locali attivissimi e ed a costo vicino allo zero ed è evidente allora che più cresce la dimensione demografica più si attenua il controllo sociale delle spese e si accrescono le rigidità delle procedure e degli istituti contrattuali”. Nei Comuni al di sotto di 15.000 abitanti, dove vive circa il 40% della popolazione italiana, le spese correnti dei Comuni ammontano a 774 euro per abitante. In quelli con più di 15.000 abitanti, le spese salgono a 995 euro per abitante. Applicando quest’ultimo parametro agli oltre 22 milioni di cittadini italiani che attualmente vivono nei Comuni che Fassino vorrebbe azzerare si determinerebbe un incremento di spese pari a 5 miliardi di euro. Se poi si volessero applicare i parametri di spesa dei rispettivi capoluoghi ai Comuni destinati ad essere riuniti nelle 14 Città metropolitane, si determinerebbe un danno erariale pari a 18 miliardi di euro. Un esercizio teorico che la dice lunga su dove si annidano i costi maggiori. I dati sulle città metropolitane Sono infatti ancor più significativi i dati sui dieci comuni italiani che saranno le future città metropolitane. In ben otto comuni su dieci la spesa pro capite supera ampiamente la media nazionale dei grandi comuni di 995 euro arrivando ai 2016 euro di Milano che guida la classifica delle spesa più alta per abitante davanti a Venezia (1896 euro) e Roma (1869 euro). Spesa di gran lunga oltre la media nazionale anche per Firenze (1604) e Torino (1338 euro). Napoli con 1232 euro all’anno di spesa pro capite è la città del Sud che spende di più per i suoi abitanti. Spese più o meno simili tra loro per Genova (1267 euro), e Bologna (1227 euro). Decisamente virtuoso il contenimento della spesa per Bari (1015 euro). Ma spetta a Reggio Calabria (961 euro) la palma del Comune meno spendaccione tra le città metropolitane. La proposta di Asmel: accorpamento di servizi e non di funzioni – Al di là di questa importante disamina i comuni rappresentati da Asmel offrono la massima disponibilità a trovare soluzioni concrete per l’operatività della legge del 2010 sull’associazionismo dei piccoli comuni sotto i 5mila abitanti così come modificata dalla legge Delrio. “Le gestioni associate dei piccoli comuni – spiega Pinto – non decollano perché la legge che vorrebbe imporle è scritta e concepita male. I piccoli comuni hanno tutto l’interesse a mettersi in rete per accorpare i servizi ma non le funzioni, come pretenderebbe la norma che vorrebbe espropriare gli Amministratori delle responsabilità per cui essi vengono eletti. Ad esempio, la funzione tributaria implica che l’Amministrazione, definisca aliquote, maggiorazioni ed esenzioni per i diversi tributi comunali. Ma ciò che magari va bene per Positano, comune turistico e ricco, non necessariamente va bene per il comune limitrofo con cui dovrebbe accorparsi o addirittura fondersi. Molto più utile, ai fini del risparmio, è, invece, la gestione in forma associata dei servizi lasciando le funzioni nella potestà degli amministratori che si vedrebbero anzi avvantaggiati nel loro lavoro essendo spesso costretti a fare i conti con le scarse risorse umane e materiali disponibili”. Insomma come chiarisce Pinto “sarebbero sufficienti poche modifiche alla normativa, magari scritte con il contributo degli addetti ai lavori, per superare lo stallo attuale generato proprio da quanti come Fassino propugnano come “soluzione finale”, l’azzeramento totale dei comuni”. Semplicemente, conclude Pinto, “chi fa analisi così superficiali non conosce la complessità e la vivacità della miriade di realtà comunali che rappresentano una ricchezza ed una opportunità per il Paese, e non già un problema, come i dati economici dimostrano”. L’esempio degli accordi consortili della rete Asmel – La gran parte dei servizi comunali già possono essere svolti in rete cooperando con altri Comuni attraverso gli “appositi accordi consortili” già introdotti per la gestione associata degli appalti e che proprio i comuni della rete Asmel già usano da tempo per la gestione associata di vari servizi. – Asmel – Asmel è l’Associazione nazionale di Enti Locali con sede in Gallarate (VA) che persegue l’obiettivo della modernizzazione degli Enti associati, valorizzando l’azione di governo locale attraverso l’alleggerimento, semplificazione e l’accorpamento dei processi gestionali, con un complesso di azioni ispirato ai principi della sussidiarietà e della valorizzazione delle Autonomie Locali basato su un modello pervasivo e cooperativo, mai prescrittivo. Ad oggi sono 1860 Enti Locali associati in tutt’Italia (550 in Campania, 458 in Piemonte, 338 in Calabria, 113 in Lombardia, il resto a macchia di leopardo nelle altre Regioni). I servizi erogati spaziano dall’e-government, al risparmio energetico, alle energie rinnovabili, alla formazione, alla consulenza, al servizio di Centrale di committenza per conto dei soci, all’assistenza per l’accesso ai finanziamenti europei, nazionali e regionali, cui recentemente si è affiancata quella per l’accesso ai finanziamenti privati, selezionando i Partner con procedure ad evidenza pubblica a livello europeo.

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