Italia, bellezza ferita
Quella mano che usciva dalla sabbia protesa verso la superfice del mare, annunciava al mondo una scoperta sensazionale, era qualcosa di più di un’opera d’arte, erano veri e propri gioielli del mondo classico. Sono trascorsi trentadue anni, quando un subacqueo dilettante scoprì per caso i Bronzi di Riace. Oggi, “necessitate virtute”, sono senza “fissa dimora” e languiscono impolverati in un deposito del Palazzo Campanella di Reggio Calabria, mentre infiamma la polemica per il mancato assenso della Sopraintendenza reggina alla loro esposizione all’Expo di Milano. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma potrebbe esserlo anche sulla bellezza. Non solo paesaggistica, ma soprattutto monumentale. E’ triste ricordare che da tempo il nostro patrimonio culturale vive nel vortice dell’abbandono, preda dell’incuria dell’uomo. Sotto gli occhi del mondo, il lento progressivo disfacimento della “domus Pompei” che subisce dopo l’eruzione pliniana del 79 d.c., una seconda catastrofe ad opera dell’uomo. E’ proprio il caso di dire che il problema è a monte, nel senso che i canali di scolo che partono dalla montagna, hanno il compito di convogliare le acque piovane per condurle in mare. Tutto ciò non avviene perché essi sono ostruiti dai detriti naturali e da quelli lasciati dall’uomo. Intanto la politica sta a guardare, barcamenandosi tra vincoli e aspetti procedurali, mancate ricapitalizzazioni e finanziamenti che non è possibile effettuare. Allora va detto senza mezzi termini, è un problema di “governance”. Un patrimonio culturale completamente allo sbando, se si considera, è qui la beffa per i tanti turisti, che per effetto di riunioni sindacali viene impedita l’apertura del Colosseo, monumento universalmente riconosciuto come il più famoso al mondo. Un buio culturale senza precedenti nella storia del “bel paese”, laddove una politica arrogante, obsoleta e pasticciona fatica a individuare “competitor” che siano in grado di restituire dignità alla grandezza di un passato che ci appartiene.
Salvatore Cutolo