Intervista a Laura Fortunato: biologa marina, con la grande passione, fare ricerca in “Antartide”

 Intervista a Laura Fortunato: biologa marina, con la grande passione, fare ricerca in “Antartide”

Il sogno dell’Antartide di Laura Fortunato

A cura di Davide Fusco:

A soli 25 anni, Laura Fortunato, dottoranda in Fenomeni e Rischi Ambientali (FeRiA) all’Università Parthenope di Napoli, è l’unica italiana ad aver preso parte alla spedizione a bordo della nave rompighiaccio Agulhas II, ha partecipato al progetto ACCESS – Antarctic Circumpolar Current Eddies Survey and Simulations, portato avanti dalla stessa Università nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (PNRA) in collaborazione con l’Università di Cape Town e altri partner europei.

«Mai arrendersi. Se avete un progetto, fate di tutto per realizzarlo»
Da dove nasce la passione per il mare e per l’oceanografia?

Non c’è un momento preciso in cui è nata la mia passione per il mare, posso dire che è un amore che ho da sempre. Di una cosa però ne sono certa: non ho mai avuto paura del mare perché è sempre stato il luogo in cui, fin da bambina, ho potuto saziare la mia infinita curiosità.

La passione per il mare ha guidato i miei studi e durante il percorso di laurea magistrale mi sono molto avvicinata al mondo dell’oceanografia. Durante la pandemia, quando il lockdown mi teneva lontana dal mare, le lezioni di oceanografia sono state la mia via di fuga da quella triste monotonia, sentivo il mare un po’ più vicino.

Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo progetto internazionale?

La mia forte curiosità e passione hanno da sempre guidato le mie scelte di vita e, attualmente, lavorative. Il mondo della ricerca è anche questo: non aver paura di affrontare nuove sfide e mettersi in gioco, sempre. Fare ricerca in Antartide era un mio grande sogno quindi non avrei mai rifiutato tale opportunità.

 

Gli studi hanno portato risultati soddisfacenti? Quali erano le aspettative?

Durante la spedizione ho svolto un progetto di ricerca per lo studio degli eddy. Gli eddy sono strutture di circolazione che, allontanandosi dalla principale corrente circumpolare antartica (ACC), trasportano calore, salinità e nutrienti. Studiare e monitorare lo spostamento di questi vortici ci permette di capire come, a causa dei cambiamenti climatici, sta variando l’andamento degli eddy che, trasportando calore verso i poli, influenzano l’intero clima globale. Tale studio viene effettuato monitorando l’andamento degli eddy mediante strumenti che visualizziamo da remoto (Drifter e Argo float). Quindi al momento, dopo la parte operativa da me svolta in nave, lo studio è ancora in corso.

In ambienti così estremi, silenziosi, ostili all’uomo, la solitudine costringe a fare i conti con sè stessi. Affiorano nell’intimo sensazioni, e paure, mai provate. La coscienza dei propri limiti.
Quali percezioni si provano e quali rimangono per sempre?

Il mio forte entusiasmo e passione hanno tanto contribuito a non farmi avere paura, mai. Mi sono bastati pochi giorni per ambientarmi in quella che è stata la mia famiglia e la mia casa durante questa bellissima esperienza. Non c’è stato un giorno in cui mi sono sentita sola, ero nel posto più bello del mondo e stavo realizzando un mio grande sogno. Di questa avventura porterò sempre dentro me tanta gioia ed emozioni: la prima volta che ho visto un iceberg; la mia felicità ogni qual volta vedevo una balena, un pinguino o un’orca; la soddisfazione durante i miei primi lavori con gli strumenti oceanografici. Non dimenticherò mai la mattina di Natale quando la nave arrivò all’ice shelf a Penguin Bukta, ero sul punto più alto della nave (il Monkey Island) e iniziavo a vedere l’Antartide; in quel preciso momento i miei occhi realizzarono che ero davvero lì.

Nessun traguardo è irraggiungibile per chi vuole raggiungerlo. Cosa ne pensa dell’attuale situazione delle donne del settore marittimo? Esiste ancora diseguaglianza, o le capacità individuali e del lavoro di squadra alla fine parlano da sole?

Cosa direbbe alle allieve che intraprendono le professioni in un ambiente percepito ancora molto maschile?

Gli stereotipi di genere non hanno mai guidato le mie scelte lavorative; quindi, per me non è mai stato un problema lavorare in un ambiente ritenuto prettamente maschile. Che determinate professioni siano considerate più per uomini non deve contribuire a scoraggiare le scelte lavorative di una donna.

In quanto donna ammetto che a volte può essere più difficile ma i pregiudizi di genere diffusi nella nostra società non influenzeranno mai la mia vita o mi faranno sentire inadeguata; realizzare i propri sogni e scegliere il lavoro che piace vale molto di più.

 

Si parla molto di sostenibilità e di salvaguardia dell’ambiente, spesso con troppo retorica e pochi fatti. Cosa consigli di fare, nel nostro piccolo, per “salvare il pianeta” e quindi anche i nostri oceani?

C’è una frase che racchiude appieno il mio pensiero a riguardo “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, ed è proprio tale pensiero che guida le mie scelte di vita per salvaguardare, nel mio piccolo, il pianeta. Se ognuno di noi guardasse unicamente se stesso e non si facesse influenzare da ciò che fa l’intera comunità, ogni piccola azione, che può essere considerata insignificante, potrà essere importante per contribuire al cambiamento. Non fare qualcosa perché “Sono l’unico a farlo, che senso ha?” è il pensiero comune che ci ha portato alla crisi ambientale che stiamo vivendo.

Progetti per il futuro?

Vorrei, dopo il dottorato, continuare nell’ambito della ricerca oceanografica.

Mario Orlando

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