Il tour della morte: “FATE PRESTO”

 Il tour della morte: “FATE PRESTO”

Di Luca Antonio Pepe e Alessia Viviano
A Napoli negli ultimi dieci anni il tasso di mortalità tumorale s’è incrementato in modo più che superiore rispetto al resto d’Italia; stando a recenti statistiche, ottenute anche grazie all’analisi dell’anagrafe comunale, s’è constatato che nell’Ottava Municipalità (composta dai quartieri di Scampia, Piscinola e Chiaiano) il tasso è aumentato addirittura del 24% in pochissimo tempo. La situazione è agghiacciante e il reportage riportato in queste pagine aiuta senza dubbio a capire il perché di questo dato allarmante. Muniti di telecamera e macchina fotografica ci siamo calati in “tour eco-criminale”, nei pressi della suddetta Municipalità, assieme a Giuseppe Esposito, un attivista del luogo molto pratico in materia ambientale.
In primis ci rechiamo preso una zona poco lontano dalla metropolitana di Scampia. Ci racconta Giuseppe che qui, da non molto, è stata scoperta da alcuni abitanti una discarica di amianto a cielo aperto. Per accedere al luogo incriminato bisogna parcheggiare un po’ prima dal momento che il manto stradale peggiora notevolmente, mischiandosi con il terreno, man mano che si avanza. Con telecamera e macchina fotografica alla mano, veniamo guardati con sospetto da alcuni anziani affacciati ai balconi fatiscenti di un vicino casolare.
<> ci chiedono quasi allarmati. Dopo aver lor spiegato il motivo della nostra presenza, con ghigno compiaciuto un signore afferma con un tono per nulla stupito: <>. La nostra guida “poco turistica” ci indica un viottolo stretto e terroso: è lì che dobbiamo andare. L’ingresso è ostruito da una sbarra che si deve solo scavalcare furtivamente. Nell’aria c’è una puzza indescrivibile, causata dalle esalazioni dei cumuli di spazzatura che costeggiano a mò di guard-rail la stradina dritta e in lieve pendenza che conduce alla zona in questione; e tra alcuni materassi e televisori spunta un roditore dalle fattezze di un gatto che testimonia senza dubbio lo stato di degrado in cui versa l’ambiente circostante; invece porgendo la testa verso l’alto si nota che parallelamente si snoda il tratto di asse mediano che collega Scampia con Sant’Antimo. Alla fine del breve percorso si ergono, alla destra della visuale, cumuli e cumuli di rovi, piante e vinacce d’uva che formano un cordone lungo almeno centocinquanta metri. <>.
Mentre con foga proferiva tali parole notavamo con estrema rabbia che limitrofamente sorgevano diversi campi coltivati con dedizione da alcuni contadini del posto: broccoli di rapa, ciliegie, pesche e cavoli sono solo alcune delle coltivazioni destinate all’autoconsumo o alla vendita; verdura e frutta senza dubbio malata, nociva. In tal caso i terreni lavorati sorgono a strettissimo contatto con questa valanga di amianto tossica, seppellita senza ritegno da eco-criminali. La bonifica dovrebbe essere la chiave di volta per fronteggiare questa bomba a cielo aperto, eppure come afferma Giuseppe <>. Ma questo non è niente. Purtroppo.
A poche centinaia di metri, tra Marianella e Piscinola, si consuma un altro scempio presso Cupa San Giovanni. Qui la strada ogni tanto diviene inaccessibile dal momento che, essendo isolata, vi scaricano di tutto: all’ingresso si fa quasi fatica a trovare uno spazio dove parcheggiare, dal momento che i rifiuti la fanno da padrone. Ad un tratto veniamo intercettati da un auto; un ragazzo ci bussa dopo, aver visto l’attrezzatura, ed esclama: <>. Questo è il biglietto da visita di Cupa San Giovanni. Camminando, ancora una volta spuntano cumuli di amianto posti al di sotto di guaine di risulta provenienti da appartamenti e fabbriche; ma andando avanti si possono notare anche scarti industriali, copertoni, televisori rotti, carcasse di moto, barattoli di vernice e anche collante di calzaturifici. <> interviene una donna col passeggino nei paraggi. In questa zona i roghi sono all’ordine del giorno; la situazione è sempre la stessa: dopo aver scaricato rifiuti pericolosi su strada o nei terreni limitrofi bruciano tutto per evitare che si risalisse ai “legittimi proprietari” delle sostanze tossico-nocive sversate. La cosa vergognosa è che in questa zona non è mai stata fatta una bonifica totale. L’asìa, tramite la Provincia, si è solo limitata a effettuare la caratterizzazione e a rimuovere una parte della discarica a cielo aperto; ma la gran parte dei rifiuti regnano sovrani in questo appezzamento dimenticato da Dio. E dall’amministrazione locale.
A poche centinaia di metri, sempre a Piscinola, si snoda via Madonna delle Grazie, stradina stretta e poco frequentata. Qui lo scenario è sempre lo stesso: sebbene non vi sia amianto, in compenso l’odore di bruciato che si respira nell’aria, testimonia la presenza di roghi tossici da poco spenti. Su di un muro campeggia un cartello con su scritto: “Attenzione, divieto di scarico: area sottoposta a videosorveglianza e al controllo di guardie ambientali”. <>. V’è da spiegare che il procedimento da effettuare per la bonifica è abbastanza lungo e “burocratico”; dal momento che in queste discariche a cielo aperto non si ha conoscenza circa il carattere dei rifiuti, bisogna in primis fare la segnalazione all’asìa; questa fa i prelievi assieme all’ASL e, dopo aver effettuato la caratterizzazione dei rifiuti, si deve aspettare che la Regione Campania, tramite la Provincia, dia l’autorizzazione a prelevare i rifiuti; dopodiché il materiale deve essere convogliato non in discariche normali, ma bensì in luoghi appositi, speciali, dal momento che ci troviamo innanzi a sostanze altamente tossiche e dannose. Attualmente la situazione è drammatica e i pedoni si coprono i volti con le mani per non respirare le esalazioni velenose, mentre le auto sono solite fare degli slalom tra un cumulo e l’altro di rifiuti. C’è da chiedersi se ciò sia normale per un paese dell’Unione Europea. Ma il tour continua.
Non molto lontano, presso via Nuova Toscanella, sorge il Rione popolare 25/80, ove vivono circa duecento nuclei familiari; negli anni scorsi, dopo l’abbattimento di una delle abitazioni degli alloggi sostitutivi, è nata un’area illegale adibita al deposito di ingombranti, scarti industriali, collanti e chi più ne ha, più ne metta. <> ci spiega Giuseppe, che di lì a poco mi presenta un anziano contadino conduttore di alcune terre di via Cupa detta Toscanella; Carmine (questo è il nome dell’uomo) ci porta nei suoi appezzamenti ove, per accedere, deve togliere delle catene poste a sigillo dell’accesso: è stato costretto a sbarrare il viottolo che portava presso le sue proprietà, dal momento che in passato, con cadenza quasi settimanale, venivano dei camion a scaricare roba di svariata natura. Qualche anno fa, addirittura, vide al suo risveglio la presenza di una barca nascosta tra alcuni alberi attigui la sua abitazione; il veicolo è stato fotografato e segnalato ormai da tempo, ma inutile dire che non è stato mai rimosso, come del resto le carcasse d’auto ivi presenti, abbandonate tempo fa da ignoti. <>. Ormai non si è padroni nemmeno più in casa propria.
Negli ultimi 30 anni, milioni di tonnellate di sostanze tossiche provenienti dalle realtà industriali del ricco e prosperoso Nord – in prevalenza dal Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna – sono state sversate nelle terre campane con la complicità dei clan e politicanti locali; a dividere la torta di questo prosperoso business un’accoppiata vincente che mai come negli ultimi anni sta padroneggiando nel Belpaese: l’imprenditoria, la camorra e la classe politica. Stando al rapporto di Legambiente “Ecomafia 2007”, il giro d’affari in questione smuove ogni anno almeno 23 miliardi di euro l’anno. Le regioni ove si registrano il maggior numero di reati ambientali sono la Campania, la Sicilia, la Calabria e la Puglia. Nella provincia casertana l’indice di mortalità per tumore al fegato sfiora il 40% per gli uomini e il 21% per le donne. Secondo la rivista internazionale “The Lancet Oncology” l’incremento della mortalità deve essere attribuito all’inquinamento causato dallo sversamento illegale di rifiuti tossici provenienti in prevalenza dalle industrie del nord Italia. Tornando all’ottava Municipalità, protagonista indiscusso del suddetto fenomeno è la Selva di Chiaiano, parte integrante del Parco metropolitano delle Colline. <> conferma lo stesso Giuseppe. Il panorama da via Comunale Margherita è agghiacciante: se sullo sfondo sorgono colline e distese di alberi, nel dirupo sottostante – situato a 150 metri dalla discarica da poco chiusa – si assiste a una prateria di spazzatura e materiale di ogni tipo. E’impossibile accedere alla stradina che porta giù alla cava dal momento che è stato interdetto il passaggio, tant’è la spazzatura che straborda ovunque. C’è da chiedersi che fine abbiano fatto le 700 telecamere di video-sorveglianza comunale finanziate coi fondi europei; basterebbe installare dei dispositivi in queste aree per tentare di arginare il fenomeno eco-criminale.
Infine non si può non citare le condizioni aberranti cui versa il campo rom di Scampia, situato presso Viale della Resistenza. Al mio arrivo vediamo la triste scena di bimbi che giocano in mezzo a cordoni di rifiuti – alti fino a tre metri – , che si snodano per almeno trecento metri. Ma la cosa che desta maggior stupore è che proprio di fronte situa l’isola ecologica dell’asìa, che vede il pellegrinaggio giornaliero di decine di auto compattatori. <> ci chiede una rom con un italiano stentato. Già, perché? La vicenda è triste, drammatica e un territorio che vive l’incremento tumorale ha da poco pure subito l’onta di vedersi chiudere delle ASL, ultimi presidi di tutela sanitaria. L’ultima immagine di questa triste giornata è quella di un bimbo rom piangere a dirotto e col piede sanguinante. Ci pare di aver capito che gli si fosse conficcato una siringa nel piede. In questi territori vi è assenza di democrazia: lo Stato è totalmente assente. Ogni commento è superfluo, ogni parola è scontata. Ci viene solo da citare il famoso titolone del “Mattino”, con cui il 23 novembre del 1980 chiedeva alle istituzioni di ricostruire l’Irpinia all’indomani del terremoto: “FATE PRESTO!”.

Mario Orlando

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