Europa: Renzi, Letta E Mr Pesc
A Matteo Renzi i discorsi scritti, preparati in precedenza dell’evento, non piacciono proprio. Perdono della freschezza e dell’efficacia che il parlare “a braccio” si porta dietro e che prova a cogliere gli stati d’animo della platea. Stavolta però ha scelto l’intervento scritto per l’apertura del semestre europeo a guida italiana. Troppo pericoloso puntare tutto sulle proprie capacità oratorie e sulla memoria. Nel giorno dell’insediamento del semestre della Presidenza italiana a Strasburgo, difronte ai 751 deputati, molti dei quali euroscettici, l’estemporaneità è bandita. Certo, il presidente del Consiglio italiano svilupperà il tema della “speranza” nel suo intervento programmatico, come ha già fatto nel messaggio di presentazione dell’evento: “…è possibile che l’Europa oggi sia il luogo in cui è possibile la speranza”.
Mentre l’ex sindaco di Firenze si prepara per la “prima” di Strasburgo, continuano le polemiche sulle nomine. Ma era proprio necessario che Renzi tirasse in campo il vecchio manuale di Massimiliano Cencelli, funzionario della Democrazia Cristiana, per stoppare le speranze di Enrico Letta, suo predecessore a palazzo Chigi, a ricoprire un posto di prestigio in Europa? Se lo chiedono in molti. Il nome dell’ex presidente del Consiglio era stato fatto dai governi Inglese e Francese per la sostituzione di Van Rompuy alla presidenza del Consiglio europeo. Renzi, senza pensarci su nemmeno un secondo, ha sentenziato che la cosa non era possibile perché già ai vertici della Banca centrale europea c’era un italiano, Mario Draghi. Eppoi, per quanto riguardava le candidature italiane agli scranni più alti delle istituzioni europee c’erano già delle precise indicazioni: Mogherini o D’Alema, come signora o signor Pesc. Seppure Renzi fosse stato convinto di una cosa del genere, era la persona meno indicata a sollevare la tematica. Quell’infelice uscita sembra più una ripicca verso un ex amico-avversario che preventivamente – a scanso di possibili problemi futuri – viene bloccato sui nastri di partenza, molto prima che lo starter desse il via alla gara. Una candidatura per un posto di prestigio nelle istituzioni europee fatta da François Hollande e da David Cameron non può essere buttata nel cestino con quelle motivazioni. Se poi quella nomina fosse stata fatta strumentalmente – ma non ci pare che sia questo il caso – dai governi Francese e Britannico, allora bisognava evidenziare le strumentalità della proposta e i pericoli politici per il nostro Paese. A Renzi forse la sola idea che l’ex inquilino di Palazzo Chigi potesse ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio europeo, ridimensionando potenzialmente la sua immagine a livello internazionale, l’ha preoccupato.
Altro tema delicato è la candidatura della ministra degli Affari Esteri, Federica Mogherini, – o in subordine Massimo D’Alema – alla carica di Alto rappresentante della politica estera e della difesa europea. I maligni sostengono che il presidente del Consiglio ha puntato su questa carica perché poco richiesta, e quindi certamente concessa all’Italia, in quanto la politica estera europea (non) la fanno i singoli stati membri. Lo si è ben visto in occasione di recenti crisi internazionali dove nella fattispecie ognuno “parlava” la sua lingua e le prese di posizioni timide della signora Catherine Ashton cadevano nel vuoto per l’assoluta mancanza di autorevolezza. Alle critiche rivolte al nostro governo per la candidatura a commissario per la politica estera europea si aggiunge un noto economista, Lorenzo Bini Smaghi che dal 2005 al 2011 è stato membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea. Incarico che fu costretto a lasciare dopo la nomina di Mario Draghi a capo della Bce. Bini Smaghi sostiene, tra l’altro, che l’Alto Rappresentante partecipa molto raramente alle riunioni di Commissione per via dei suoi impegni internazionali : “Di fatto il Paese che nomina Ms Pesc rischia di non essere rappresentato su tematiche importanti che vengono discusse dalla Commissione”. E ancora: “L’Italia dovrebbe forse puntare su una posizione apparentemente meno prestigiosa…capace di rappresentare gli interessi nazionali nei negoziati che si tengono giorno per giorno nelle stanze del potere europeo”.
A cura di Elia Fiorillo