Emergenza Steatosi Epatica anche tra i bambini: i risultati di un nuovo progetto
Una rete di ricerca tra Istituto SDN di Ricerca Diagnostica e Nucleare di Napoli, CNR e Università di Pisa per contrastare l’allarme nazionale sulla steatosi epatica. La presentazione c’è stata alla conferenza internazionale Italia-Giappone dedicata al tema “La steatosi epatica e le malattie tumorali del fegato: gli sviluppi clinici delle ultime frontiere della ricerca internazionale”.
Nel corso dell’incontro, organizzato dall’Istituto SDN di Ricerca Diagnostica e Nucleare in collaborazione con la Fondazione Italiana per la Ricerca in Epatologia e con la Viral Hepatitis Research Foundation of Japan, per fare il punto sulle applicazioni cliniche più innovative presenti nei due Paesi alla luce delle ultime scoperte della ricerca scientifica, Marco Salvatore, direttore scientifico dell’Istituto SDN e Marcello Mancini, direttore dell’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del CNR, hanno illustrato i primi risultati di un importante progetto internazionale di ricerca sulla steatosi epatica ideato nel 2012 proprio dall’Istituto SDN in collaborazione con il CNR e l’Unità di medicina generale del Policlinico dell’Università di Pisa diretta da Ferruccio Bonino.
“La steatosi epatica ha raggiunto proporzioni ormai epidemiche perché colpisce quasi il 30% della popolazione adulta italiana – ha spiegato Marcello Mancini responsabile scientifico del progetto – e la sua presenza aumenta al 60% nel sottogruppo di popolazione con malattie metaboliche quali diabete o obesità e determina un significativo aumento di rischio di malattie cardiovascolari e di cirrosi”. Un allarme che oggi riguarda anche i bambini, perché in base ai dati illustrati da Mancini, “la steatosi epatica colpisce quasi l’8% della popolazione italiana in età pediatrica con un dato impressionante che raggiunge il 40% in caso di bambini obesi”.
Ma soprattutto dagli interventi della conferenza è emerso che la steatosi epatica non è più considerata solo un’alterazione del fegato ma un indicatore di disfunzione metabolica multiorgano che coinvolge il tessuto adiposo, il pancreas, i muscoli ed il cuore. Oltre ad essere un importante fattore di rischio indipendente delle malattie cardiovascolari e delle malattie oncologiche. “Il paziente affetto da steatosi epatica – ha sottolineato Mancini – ha un rischio aumentato da due a quattro volte di sviluppare un ictus o un infarto. E quasi il 30% della mortalità dei pazienti con steatosi epatica è dovuta allo sviluppo di patologie neoplastiche non solo al fegato ma anche a livello del pancreas, dell’intestino e della mammella. Mentre il 25% della mortalità è dovuta all’infarto e soltanto il 13% a malattie strettamente epatiche”.
A questo punto, di fronte ad una così pressante emergenza, secondo Mancini “la steatosi va considerata come gli altri fattori di rischio (come ipercolesterolemia, ipertensione o fumo) in grado di determinare un aumento della mortalità e della morbilità della popolazione e occorre promuovere una forte campagna di prevenzione attraverso le nuove metodiche diagnostiche non invasive”.
Per questo lavoro preventivo il direttore scientifico dell’Istituto SDN, Marco Salvatore ha illustrato le grandi novità della diagnostica per immagini. “La diagnosi di steatosi epatica – ha spiegato Salvatore – fino ad oggi per una precisa quantificazione richiedeva sempre una biopsia, che ha limitazioni intrinseche come l’alta variabilità di campionamento dovuta all’eterogeneità della distribuzione del grasso nel fegato e che è, soprattutto, una metodica invasiva, costosa, che può esporre il paziente a complicanze potenzialmente gravi e non è ripetibile”.
Ed allora l’obiettivo del progetto dell’Istituto SDN è stato quello di individuare nuove metodiche non invasive che consentano la quantificazione ed il monitoraggio della steatosi epatica e delle sue complicanze più gravi come la fibrosi epatica. Due in particolare sono le novità diagnostiche a basso costo sviluppate dall’Istituto SDN in questo progetto: l’analisi ecografica computerizzata e la spettroscopia protonica di risonanza magnetica che consentono una quantificazione esatta e riproducibile del grasso epatico senza alcun rischio per il paziente.