Ecco l’origine degli sciami sismici ai Campi Flegrei
Da millenni la caldera dei Campi Flegrei è sede di intensa attività vulcanica. La vitalità di quest’area irrequieta è manifestata anche dal rilascio concentrato di gas lungo delle sorte di camini che producono le fumarole, e dal bradisismo, cioè il lento sollevamento o abbassamento del suolo, fenomeno quest’ultimo accompagnato anche da attività sismica. Gli episodi più recenti di instabilità che si sono manifestati con sollevamento e sismicità sono stati quelli del 1969-72 e del 1982-84, quando molti abitanti dell’area, soprattutto quelli del centro storico di Pozzuoli, furono costretti ad abbandonare le proprie case. Dal 2005 a oggi è di nuovo in atto un lento sollevamento del suolo che a luglio 2023 ha raggiunto circa 113 centimetri nell’area del Rione Terra.
In questi mesi, come riportato nell’ultimo bollettino settimanale di sorveglianza vulcanica (relativo ai dati rilevati dalle reti di monitoraggio dell’INGV Osservatorio Vesuviano al 3 settembre 2023), il valore medio della velocità di sollevamento nell’area di massima deformazione permane a circa 15±3 mm/mese. Nelle ultime settimane si stanno verificando più frequentemente sciami sismici, come quelli avvenuti il 18 agosto e il 7 settembre, con diverse decine di eventi la cui magnitudo massima è 3.8 ± 0.3. L’area sismogenetica principale, già a partire dalla crisi degli anni 80, è compresa tra Pozzuoli, Solfatara, Pisciarelli e Agnano, con eventi che dal 2018 sono presenti anche nel Golfo di Pozzuoli. Le profondità raramente superano i 4 km.
L’ultimo evento rilevante (19:45 del 7 settembre 2023) è avvenuto nell’area della Solfatara ad una profondità di 2.5 km ed ha avuto una Magnitudo durata (Md) pari a 3.8, al momento è il più energetico della fase bradisismica attivatasi alla fine del 2005 attualmente in corso. Tale evento è stato percepito non solo nell’area flegrea, ma in tutta la città di Napoli. Le caratteristiche dell’evento nonché il meccanismo di rottura estensionale sono analoghi a quanto osservato per la maggior parte degli eventi avvenuti nell’area flegrea, in particolare di quelli più energetici.
L’area che si solleva è centrata sul Rione Terra (Pozzuoli, parte storica) o poco più a sud, e presenta una deformazione radiale, in rapida attenuazione verso la periferia della caldera, con una forma “a campana”. I valori di deformazione locale sono misurati attraverso una fitta rete GNSS e tiltmetrica, integrata con osservazioni satellitari. Dal 2005, e in particolare negli ultimi periodi, la forma della deformazione si è mantenuta simile, a testimonianza che il processo, e soprattutto la sorgente, non mostrano modifiche significative.
Le misure periodiche geochimiche e quelle in continuo da stazioni fisse sia su fumarole che in pozzo continuano a mostrare che il processo di aumento di pressione del sistema geotermico sub-superficiale è ancora in corso e determina una forte risalita di fluidi maggiormente concentrati nell’area di Solfatara-Pisciarelli. Si ricorda che le misure sono effettuate anche nella parte sottomarina della caldera, nel Golfo di Pozzuoli, dove sono presenti punti di fuoriuscita di gas caldi, come il caso delle “Fumose” a sud di Monte Nuovo, l’apparato conico vulcanico formatosi in pochi giorni a fine settembre-primi di ottobre del 1538.
Gli ultimi sciami sismici, incluso quello del 7 settembre 2023, dimostrano come il fenomeno non mostri cambiamenti sostanziali, seppure avvenga con pulsazioni che si ripetono nel tempo. La causa del sollevamento del suolo e quindi della sismicità può essere dovuta a una forte risalita di gas e una maggiore pressurizzazione del sistema idrotermale profondo. Un’altra possibilità è che si stiano iniettando nel sottosuolo delle lingue di magma alimentate dal sistema magmatico profondo, strutture cosiddette a sill, a circa 3-4 km di profondità. L’origine del sollevamento è dunque legata alla spinta verso l’alto generata dalla messa in posto dei fluidi o fusi magmatici, e il bombamento conseguente genera un inarcamento e allungamento della crosta sovrastante con conseguenti fratture e faglie che generano terremoti e facilitano la risalita dei fluidi idrotermali.
La sismicità è piuttosto concentrata nelle zone di massimo sollevamento e a una bassa profondità (fino a 3-4 km, raramente 5) per l’alta temperatura della crosta terrestre sotto i Campi Flegrei, che fa sì che sotto quelle profondità le rocce si comportino solo in modo visco-plastico; i terremoti avvengono dunque prevalentemente nella stessa area e anche i loro meccanismi sono per lo più gli stessi. Negli ultimi anni la sismicità si è leggermente allargata, evidenza che dimostrerebbe come i fluidi o il magma si stanno lentamente espandendo lungo questa discontinuità orizzontale.
I dati attualmente disponibili indicano perciò che l’origine del sollevamento può essere prodotto da una risalita, probabilmente pulsante, di fluidi di origine magmatica. I fluidi si generano a profondità probabilmente superiori a 6-8 km, all’interno di una vasta e articolata camera magmatica profonda presente sotto i Campi Flegrei, ipotizzata da vari tipi di studi e indagini indirette. Da questo magma provengono le grosse quantità di gas che risalgono per gradienti di densità e quindi di pressione, verso la superficie. In particolare, i gas interagiscono con le rocce superficiali e con il sistema idrotermale superficiale, presente nei primi 2-3 km di profondità. La sorgente di spinta, dedotta dalla modellazione della deformazione del suolo, sembra essere posta intorno a 4 km. La quantità di gas rilasciata è ragguardevole: solo nell’area di Solfatara-Pisciarelli determina, in media, la fuoriuscita di oltre 3000 tonnellate di CO2 al giorno, in buona parte derivante dal degassamento magmatico profondo e dall’interazione del magma con rocce carbonatiche.
La sorveglianza vulcanica ed il monitoraggio, effettuati in continuo dalla sezione dell’INGV-Osservatorio Vesuviano attraverso la sua fitta rete strumentale multiparametrica, mira proprio a definire tutti i possibili cambiamenti nel sistema superficiale e profondo per determinare possibili risalite magmatiche verso la superficie che potrebbero produrre un’eruzione vulcanica.
Attualmente la probabilità di una eruzione vulcanica è relativamente bassa, proprio perché non vi sono evidenze di risalita di magma verso la superficie. Inoltre, il volume crostale sollevato al momento è pari a dimensioni molto inferiori al km3, vincolando le dimensioni dei fluidi nell’area di alimentazione del sollevamento. I dati sismici, geochimici, le deformazioni del suolo, le variazioni termiche superficiali e in pozzo, le variazioni gravimetriche non forniscono, allo stato attuale, indicazioni che il magma stia risalendo verso la superficie. Tuttavia, il vulcano ha la sua inarrestabile naturale evoluzione e, prima o poi, tornerà a eruttare. L’attenzione dell’INGV-OV è massima nella raccolta, studio e interpretazione dei dati e ogni variazione viene e sarà sempre discussa e comunicata tempestivamente agli organi di Protezione Civile nei suoi vari livelli.