Dalla montagna al mare, 25 anni di effetti del climate change

 Dalla montagna al mare, 25 anni di effetti del climate change

Negli ultimi due decenni la copertura vegetale nelle aree montane è aumentata e, con essa, la durata della stagione vegetativa e la presenza di specie ‘termofile’, cioè legate a climi più miti. Sono alcuni dei dati che emergono dalle ricerche di Lter Italia, la Rete di ricerca ecologica a lungo termine che svolge indagini multidisciplinari in materia ambientale su scale temporali pluridecennali. Presente in tutto il mondo, la Rete in Italia conta 25 siti e 80 stazioni di ricerca distribuite su tutto il territorio nazionale, ed è coordinata dal Consiglio nazionale delle ricerche attraverso il Dipartimento di scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente (Dta-Cnr).

La rivista internazionale Science of the Total Environment ha dedicato un volume speciale alle ricerche delle Reti Lter: due gli studi a firma italiana, nei quali sono coinvolti, in particolare, gli Istituti Cnr per lo studio degli ecosistemi (Ise), per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom) e di scienze marine (Ismar).

Nel primo studio, dedicato agli ecosistemi montani è stato analizzato l’effetto del cambiamento climatico su Alpi e Appennini sulla base di dati provenienti da venti siti in Italia, Svizzera, Austria e inclusivo anche di ecosistemi d’acqua dolce, come i laghi alpini. “L’analisi delle lunghe serie di dati ambientali a disposizione ha dimostrato l’importante ruolo degli ecosistemi d’alta quota come ‘sentinelle’ del riscaldamento globale. Essi, infatti, rispondono molto rapidamente ai fattori climatici, mostrando alterazioni non solo nelle temperature, ma anche nelle condizioni del suolo, nella copertura vegetale e nei cicli degli elementi”, afferma Michela Rogora (Ise-Cnr). “Inoltre, abbiamo evidenziato effetti ecologici a breve termine dovuti ad ondate di calore, siccità prolungate o precipitazioni intense, cioè gli eventi climatici estremi di cui è previsto un aumento di frequenza”.

Il secondo articolo ha riguardato, invece, l’analisi di 22 diversi ecosistemi acquatici: laghi di montagna, subalpini e artificiali, acque lagunari e marine costiere di Alto Adriatico, Golfo di Napoli, Sardegna e promontorio di Portofino. “In questo caso, tra le principali tendenze abbiamo riscontrato un aumento della temperatura delle acque superficiali stimata nei laghi subalpini in +0.2 °C per decade dagli anni ’70”, afferma Alessandra Pugnetti (Ismar-Cnr). “Ciò produce importanti effetti su tutta la rete trofica planctonica, agendo sugli organismi sia direttamente sia indirettamente, attraverso modifiche della struttura della colonna d’acqua. In particolare, assistiamo ad un’espansione dell’areale di distribuzione di alcune specie planctoniche termofile, come alcuni crostacei, che va di pari passo con un’anticipazione stagionale e una maggiore durata dei picchi di sviluppo delle specie coinvolte. Inoltre, si è riscontrata una tendenza al fenomeno dell’oligotrofizzazione: una riduzione dei nutrienti disponibili e della clorofilla, la cui concentrazione si è ridotta, in alcuni ambienti, fino al 50 % nelle ultime due decadi”.

Altri ricercatori del Cnr hanno partecipato a un terzo articolo sull’evoluzione a lungo termine delle deposizioni atmosferiche di zolfo e azoto e sul loro impatto sugli ecosistemi forestali. “Le reti Lter sono uno strumento utile per affrontare i problemi ambientali in una prospettiva globale”, afferma il coordinatore della rete Lter Italia Giorgio Matteucci (Isafom-Cnr). “L’analisi sul lungo periodo, unito all’approccio multidisciplinare e al confronto tra ecosistemi diversi, permette di valutare efficacemente sensibilità e resilienza degli ecosistemi, evidenziare elementi comuni e differenze legate al cambiamento climatico e alle attività antropiche locali”.

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