Uno studio pionieristico guidato dal ricercatore partenopeo Mario Cortese e dal prof. Bali Pulendran pubblicato dalla prestigiosa rivista britannica Nature Immunology, ha svelato un nuovo meccanismo alla base della durata della risposta immunitaria ai vaccini. Utilizzando tecniche avanzate di “system vaccinology”, i ricercatori del team di Stanford University in California hanno scoperto che le piastrine, finora note principalmente per il loro ruolo nella coagulazione, giocano un ruolo cruciale nella memoria immunitaria.
Il team ha analizzato le risposte immunitarie a diversi vaccini, incluso quello contro l’influenza aviaria H5N1, individuando una “firma molecolare” associata alle piastrine e ai processi di adesione cellulare. Questa firma, rilevabile entro una settimana dalla vaccinazione, si è rivelata predittiva della durata delle risposte immunitarie non solo per l’H5N1, ma anche per altri vaccini, come quelli contro il COVID-19, la malaria e le infezioni meningococciche e pneumococciche.
Al centro della scoperta vi è il ruolo dei megacariociti, cellule progenitrici delle piastrine nel midollo osseo. Quando attivati dalla trombopoietina (TPO), i megacariociti favoriscono la sopravvivenza delle plasmacellule a lunga durata (long-lived plasma cells), cellule fondamentali per il mantenimento della produzione di anticorpi nel tempo. Questo supporto avviene tramite contatti diretti mediati da integrine e attraverso la secrezione di fattori chiave come APRIL e MIF, i quali agiscono nel microambiente del midollo osseo per promuovere la stabilità delle plasmacellule.
La vera innovazione dello studio risiede nella capacità di misurare gli effetti di queste interazioni nel sangue periferico. Nonostante il meccanismo primario avvenga nel midollo osseo, i cambiamenti nei geni espressi dalle piastrine si riflettono in campioni di sangue, rendendo possibile la rilevazione della firma molecolare attraverso analisi relativamente semplici. Questo rappresenta una svolta: il monitoraggio di questa firma molecolare genica potrebbe consentire di predire, con mesi di anticipo, il successo della vaccinazione in un individuo. In altre parole, si potrebbe sapere già nei primi giorni dopo la vaccinazione quanto a lungo durerà la protezione immunitaria.
Una scoperta che non solo fa nuova luce su un mistero di lunga data nella vaccinologia – in quanto alcune immunizzazioni durano una vita, mentre altre solo pochi mesi – ma offre anche una potenziale innovazione pratica. La capacità di monitorare la risposta immunitaria precoce apre la strada a strategie di vaccinazione “tailor made” ovvero personalizzate, dove la durata dell’immunità potrebbe essere ottimizzata per ogni individuo. Dunque, un nuovo approccio che potrebbe trasformare il modo in cui sviluppiamo e somministriamo i vaccini, aumentando significativamente l’efficacia e il loro impatto globale, specialmente in caso (scongiuriamo) di future pandemie.
A cura di Alessia Viviano