Giornata della Api: tre colture alimentari su quattro dipendono dall’impollinazione

 Giornata della Api: tre colture alimentari su quattro dipendono dall’impollinazione

Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra cui le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti diffusa in occasione della Giornata mondiale delle api, proclamata dall’Onu, al mercato di Campagna Amica di via Tiburtina 695 a Roma dove sono scesi in piazza gli apicoltori italiani dalle diverse regioni impegnati in prima linea per difendere questo insetto che svolge un ruolo insostituibile per l’ambiente e per la vita dell’uomo.

In media una singola ape – precisa la Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di esplorazioni floreali per produrre un chilogrammo di miele. Un lavoro che genera un valore economico stimato in circa 153 miliardi di euro l’anno su scala mondiale, 22 miliardi su scala europea e 3 miliardi su scala nazionale, secondo stime Coldiretti.

Il ruolo insostituibile svolto da questo insetto è confermato anche da Albert Einstein che sosteneva che: “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. La situazione delle api nostrane – continua la Coldiretti — rappresenta dunque un indicatore dello stato di salute dell’ambiente ma anche un campanello d’allarme delle eventuali criticità e difficoltà, che possono essere anticipate osservando attentamente la vita di questo insetto.

Proprio per assicurare un controllo in tempo reale dell’attività nelle arnie ma anche un puntuale biomonitoraggio ambientale arrivano i primi cyber alveari, presentati dalla Coldiretti alla Giornata delle api a Roma in collaborazione con gli esperti del Crea Agricoltura e Ambiente.
Si tratta di un’arnia elettronica – continua Coldiretti – collegata ad internet e dotata di telecamere e sensori capaci di rilevare l’attività di volo e la temperatura e l’umidità interna all’alveare, registrare il ronzio della colonia, misurare i parametri ambientali di micrometeorologia. I dati acquisiti vengono trasmessi ad una piattaforma dove l’apicoltore collegato ad internet, magari da uno smartphone, può visualizzarli graficamente, monitorando così a distanza e quasi in tempo reale la sua colonia.

I cyber alveari sono peraltro alimentati ad energia pulita – spiega Coldiretti – grazie a piccoli pannelli fotovoltaici, mentre la presenza di un dispositivo di geolocalizzazione permette di segnalare spostamenti della centralina a seguito, ad esempio, di un ribaltamento oppure in caso di furto dell’arnia.

Una spinta all’innovazione che ha fatto crescere la “bee economy” che abbraccia – spiega Coldiretti – ormai diversi settori, dal business delle cerimonie con le agribomboniere con la cera d’api ideate da una apicoltrice abruzzese alla cosmetica con creme e unguenti a base di cera, miele e veleno d’api, create da una produttrice pugliese fino allo sport con bevande energizzanti per atleti di un agricoltore umbro. Un fenomeno che – conclude la Coldiretti – traina anche lo sviluppo di nuove professioni come il sommelier del miele che guida i consumatori a riconoscerne le caratteristiche, arrivando anche a capire da quale pianta o fiore è stato prodotto.

Sos caldo negli alveari italiani dove le alte temperature stressano le api limitando l’attività di raccolta del polline e aggravando una situazione che nell’ultimo anno ha visto dire addio a un vaso di miele italiano su tre proprio per effetto dei cambiamenti climatici, con sei eventi estremi al giorno tra siccità, incendi, bombe d’acqua e gelo che hanno compromesso pesantemente la vita nelle arnie. E’ quanto emerge dall’analisi di Coldiretti in occasione della Giornata mondiale delle api proclamata dall’Onu con le sentinelle dell’ambiente al mercato di Campagna Amica in via Tiburtina 695 a Roma per far conoscere la vita delle api e toccare con mano tutte le meraviglie della “bee economy, dai cyber alveari alla prima sfilata dei mieli d’Italia, per iniziativa delle donne e dei giovani della Coldiretti.

Se la siccità penalizza le fioriture limitando la disponibilità del polline, il caldo incide sulla stessa attività delle api che – spiega Coldiretti – riducono la produzione di miele. Il risultato delle bizzarrie climatiche – precisa la Coldiretti – è un raccolto Made in Italy al di sotto dei 12,5 milioni di chili, tra i più bassi degli ultimi decenni, mentre le importazioni di prodotto dall’estero sono ulteriormente aumentate in quantità del 22% nei primi due mesi del 2022, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, dopo che nel 2021 avevano raggiunto il valore di 24 milioni di chili (+15%).

Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – consiglia la Coldiretti – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.

In Italia – precisa la Coldiretti – si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all’anno, sotto la media europea che è di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania. Il Belpaese però vince in biodiversità con più di 60 varietà protagoniste nel primo salone dei mieli d’Italia aperto dalla Coldiretti. Si va dai mieli a Denominazione di origine protetta Dop come il Miele della Lunigiana e il Miele delle Dolomiti Bellunesi a quelli speciali come il miele di alta montagna prodotto in Valle d’Aosta a diverse altitudini arrivando fino 2000 metri “inseguendo” – continua Coldiretti – la variegata fioritura dei pascoli alpini, o il più raro miele di timo serpillo che viene prodotto in Piemonte solo in base alla fioritura del timo serpillo, una varietà di timo dai fiori piccolini e dal colore azzurro. Dalle Marche arriva invece un miele invecchiato in barrique di rovere precedentemente utilizzate per l’invecchiamento del vino per donare al miele il gusto particolare di ciliegia, visciola e lampone. L’Umbria invece vanta una serie di mieli aromatizzati, da quello prodotto con fiori dell’albero del paradiso e Tiglio, a quello al coriandolo che sprigiona note di caramello, di legno secco.

Secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati del rapporto dell’Osservatorio nazionale miele in Italia ci sono 1,5 milioni di alveari curati da circa 73mila apicoltori dei quali oltre 2 su 3 sono hobbisti che producono per l’autoconsumo. In crescita la presenza di giovani con le aziende apicole condotte da under 35 che sono aumentate del 17% negli ultimi cinque anni secondo un’analisi Coldiretti su dati Unioncamere.

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