Tiziano Mazzoni: il cantautore toscano pubblica il 21 aprile Ferro e Carbone, un disco folk-rock per segnare dove tira oggi il vento
“You don’t need a weatherman to know which way the wind blows” cantava Bob Dylan nel 1965 in “Subterranean Homesick Blues”. Ed in effetti non servono previsioni o profezie per capire cosa sta accadendo. Basta guardarsi intorno, e alle spalle, e dentro, riportando tutto in canzoni che siano oneste e urgenti. Fa proprio questo Tiziano Mazzoni col suo nuovo disco “Ferro e carbone”. Un lavoro – il terzo del musicista pistoiese, in uscita il prossimo 21 aprile per IRD – di brani in italiano essenzialmente folk-rock-blues, suonato con la genuinità di chi crede nella forza del suono e delle parole.
Prodotto e arrangiato dallo stesso Mazzoni insieme a Gianfilippo Boni, “Ferro e carbone” è un disco senza trucchi: le canzoni sono suonate con la perizia artigiana di musicisti di lungo corso, fra i quali Pippo Guarnera all’hammond, e di ospiti come Riccardo Tesi che con il suo organetto diatonico contribuisce alla varietà di strumenti coinvolti (violini, fiati, percussioni, bouzouki e molto altro) accanto alla classica formazione chitarra-basso-batteria.
Sono loro ad impreziosire tracce dall’andatura spesso lenta e meditativa, in cui i versi pesano per quello che sono, lontani da bizzarrie poetiche e dagli stereotipi da storyteller americano, ma forti di parole semplici e dense, misurate sulla pelle di chi scrive ancor prima che sulla carta. I brani di Tiziano Mazzoni sanno di legno buono, di terra feconda, hanno la solidità dell’acciaio ma anche la delicatezza che è propria degli sguardi sensibili. Non evitano i toni leggeri quando serve, accelerano il passo per sostenere i momenti più accorati. Permettono alla malinconia di fare il suo gioco e alla rabbia di diventare voglia di rivalsa per tenere lontana l’amarezza.
“Ferro e carbone” addensa vite come quella del partigiano anarchico pistoiese “Silvano Fedi”, o del poeta-clochard Remo Cerini in “Rita e l’Angelo” – forse la figura più emblematica dello spirito dell’intero disco. Oppure ritaglia all’interno di una tragedia come quella di Sant’Anna di Stazzema la storia d’infanzia di “La lucciola e il bambino” per poi tracciare con fermezza la vicenda delle acciaierie Lucchini in “Piombino” (da cui è tratto il titolo del disco).
Ma lungo la tracklist c’è spazio anche per dire con straordinaria delicatezza del tempo che passa sui corpi e nelle menti delle persone che amiamo (“Qualunque nome dirai”) e ammettere che l’amore è sempre difficile e incomunicabile ma necessario (“Una magia”, “Verde torrente”, “Ancora da imparare”). Perché in fondo ciò che conta è evitare di chiudere gli scuri delle nostre vite e disinteressarci di cosa succede là fuori (il double talking noir del primo singolo “Sciogli il cane”). Ed è proprio quello che sembra fare con questo disco Tiziano Mazzoni: imbracciata la chitarra, provare a segnare, traccia dopo traccia, dove tira oggi il vento.