Campi Flegrei, un modello per studiare le caldere vulcaniche
Risultati geologici, archeologici, storici, analisi di laboratorio e modelli matematici hanno permesso di ricostruire per la prima volta i fenomeni precursori dell’unica eruzione avvenuta nella caldera dei Campi Flegrei in epoca storica e la dinamica di risalita del magma che l’ha alimentata. Il lavoro multidisciplinare, realizzato da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), delle Università Roma Tre, Federico II, Roma La Sapienza, dell’United States Geological Survey (USGS) e della Seconda Università di Napoli, ha ricostruito gli elementi essenziali del trasferimento di magma pre-eruttivo nell’eruzione del 1538. Lo studio Magma transfer at Campi Flegrei caldera (Italy) before the 1538 AD eruption (link: www.nature.com/articles/srep32245), è stato pubblicato su Scientific Reports di Nature
“Prevedere le eruzioni, in particolare in vulcani ad alta pericolosità, è la sfida che la vulcanologia deve affrontare oggi”, afferma Mauro Di Vito, Primo Ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV (OV-INGV). “Alcuni vulcani mostrano un comportamento prevedibile e costante, unito ad una bassa pericolosità, altri mostrano una maggiore variabilità, con conseguente aumento della pericolosità se caratterizzati da grossi sistemi magmatici e ubicati in aree densamente popolate. È il caso della caldera dei Campi Flegrei, alla periferia occidentale di Napoli, comunemente considerata come il vulcano più pericoloso al mondo”.
Sebbene l’ultima eruzione sia avvenuta nel 1538, i Campi Flegrei negli ultimi decenni sono stati soggetti a numerosi episodi di crisi, legati a movimenti del suolo, sismicità superficiale e degassamento. Nonostante i vari studi effettuati sui Campi Flegrei, finora le modalità di propagazione superficiale del magma non erano ancora conosciute, nemmeno prima dell’eruzione del 1538. Si tratta di una problematica cruciale, che potrebbe fornire informazioni preziose per prevedere il movimento del magma e la possibile apertura di bocche eruttive, in una qualunque futura riattivazione del sistema.
“La ricerca ha permesso di ricostruire per la prima volta i fenomeni precursori dell’unica eruzione avvenuta nella caldera dei Campi Flegrei in epoca storica e la dinamica di risalita del magma che ha alimentato questa eruzione”, aggiunge Di Vito. Tecniche tradizionali della geologia,geomorfologia, paleontologia e geocronologia sono state integrate da analisi delle fonti storiche e archeologiche e modelli matematici per definire in modo accurato la dinamica di abbassamento e sollevamento del suolo (bradisismo) nella caldera negli ultimi 2000 anni, con particolare attenzione al periodo durante il quale è avvenuta l’eruzione del Monte Nuovo (1538).
“Sono stati definiti e ricostruiti i movimenti del suolo in venti punti localizzati lungo tutta la costa flegrea, da Capo Miseno a Nisida (Fig. 1). E l’interpretazione dei risultati ha permesso la ricostruzione del trasferimento di magma pre-eruttivo ai Campi Flegrei sia nel breve (pre-1538) sia nel lungo termine (ultimi 5000 anni) (Fig. 2 e 3), con definizione delle relative aree di stazionamento. In particolare, nonostante i ripetuti sollevamenti nella parte centrale della caldera Flegrea, le eruzioni hanno sistematicamente avuto luogo al margine dell’area sollevata”.
Questo studio permette di definire ed interpretare meglio i fenomeni in corso nella caldera e aiuta a prevedere la localizzazione di bocche eruttive future, con evidenti ricadute sulla mitigazione del rischio vulcanico.“Tale modello”, conclude Mauro Di Vito, “è anche in accordo con i dati di monitoraggio di altre caldere attive che hanno recentemente eruttato nel mondo, che mostrano comportamenti simili, con eruzioni ai margini dell’area sollevata prima dell’eruzione. Ciò suggerisce che tali comportamenti costituiscano un’importante chiave di lettura per la generale comprensione della dinamica delle caldere.
Nella foto, Il Modello di trasferimento di magma prima dell’eruzione di Monte Nuovo (arancione). Il magma prima si sposta lateralmente da una sorgente magmatica di forma oblata (OMR) posta a circa 4.6 km di profondità sotto il centro della caldera e alimenta una camera magmatica eccentrica, sotto Monte Nuovo (Monte Nuovo Reservoir, MNR) a circa 3.8 km di profondità. Da questa il magma si propaga verticalmente formando una camera magmatica più piccola e superficiale e per poi alimentare l’eruzione. Le altre frecce verticali indicano lo stesso meccanismo di risalita del magma, responsabile di alcune eruzioni avvenute nella caldera negli ultimi 5.000 anni. La nostra ricostruzione suggerisce il seguente modello concettuale generale per il trasferimento di magma nelle caldere (immagini a destra): al di sopra di una camera magmatica centrale si forma un’intrusione di magma tabulare (sill), alimentata da un dicco (linea rossa) e risultante dall’impilamento di altre intrusioni tabulari (linee viola). Il sill determina il sollevamento della parte centrale della caldera dove la messa in posto dei sill precedenti ha prodotto la risorgenza della caldera. Gli sforzi di taglio si concentrano ai bordi del sill (line arancioni) che si propaga lateralmente seguendo la componente minore dello sforzo. Ai bordi il sill cambia la propria pendenza e diventa un dicco subverticale e alimenta eruzioni ai bordi dell’area maggiormente sollevata (triangoli neri).