Napoli, la Polizia di Stato libera una donna dalla schiavitù del suo compagno condannato a 8 anni di reclusione
La storia di Ingrid (nome di fantasia) deve servire da monito a tutte le donne, per non restare nel silenzio ma di denunciare alla Polizia di Stato le violenze che si subiscono tra le quattro mura domestiche.
Ingrid, una 42enne ucraina, ha avuto il coraggio di denunciare le violenze, le vessazioni e le umiliazioni che stava subendo da quello che doveva essere il suo compagno di vita.
E’ stato grazie all’intervento degli agenti del Commissariato di Polizia “Vasto-Arenaccia” che la triste storia di Ingrid, si è conclusa con una sentenza ad 8 anni di reclusione nei confronti del suo aguzzino.
Il tutto ha inizio nel 2013, allorquando la 42enne, giunta in Italia per trovare fortuna, incontra a Napoli un suo coetaneo L.R. che, dopo averla corteggiata, le promette una vita migliore insieme.
Inizia così per la malcapitata la convivenza con l’uomo, che diventerà il suo aguzzino, ignara che quell’uomo incontrato sul suo percorso, ben presto, si rivelerà un violento ed un uomo senza scrupoli.
E’ a seguito di una lite familiare che la Polizia di Stato, intervenendo in soccorso della vittima, viene a conoscenza delle angherie e delle atroci violenze subite dalla donna in soli due anni di convivenza.
La donna trova il coraggio di denunciare ai poliziotti le mortificazioni sia fisiche che psicologiche, oltre alle vessazioni a cui era costretta.
Il compagno, oltre ad impedirgli di uscire da casa ed a minacciarla di morte, la costringeva contro la sua volontà ad avere rapporti sessuali quando era ubriaco, legandola anche per ore alla ringhiera del soppalco, impedendole così, anche di andare in bagno.
L.R., dopo averle sottratto il passaporto, costringeva la donna ad uscire per elemosinare qualche soldo che, puntualmente, utilizzava per l’acquisto di alcolici.
I poliziotti arrestano l’uomo nel febbraio 2015, conducendolo in carcere, dopo averlo sorpreso che sferrava calci in faccia alla donna, tanto da procurarle lesioni per cui fu indispensabile il ricovero in ospedale.
Dopo il ricovero in ospedale, la vittima si rende irreperibile a seguito delle minacce subite dai familiari del suo aguzzino.
Gli agenti, grazie all’attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica, riescono a rintracciarla e la conducono in una località protetta, ove è stata ospite sino alla data del processo.
L.R., certo che la sua compagna non avrebbe presenziato al processo, si sentiva fiducioso nel ritornare in libertà.
In detta circostanza, invece, colpo di scena, il Giudice della Procura della Repubblica presso il Tribunale, decide di celebrare il processo a porte chiuse, allontanando parenti ed amici dell’imputato e chiama a testimoniare Ingrid, accompagnata da quelli che nel frattempo sono divenuti i suoi angeli custodi: un avvocato civilista e gli agenti del Commissariato di Polizia “Vasto-Arenaccia”.
G.R., in carcere dal febbraio 2015, dopo la sentenza emessa dal Giudice è stato condannato alla pena di 8 anni di reclusione.