A Cioccolatò 2015 va in scena la Disfida del Bonèt
Ci sarà anche la Disfida del Bonét fra gli eventi che animeranno il fitto calendario di CioccolaTò 2015, dal 20 al 29 novembre, a Torino. Organizzata da Slow Food Piemonte – Valle D’Aosta, l’appassionante gara culinaria per la preparazione del tradizionale dessert torinese vedrà competere accanto ai professionisti, anche semplici appassionati, che prepareranno la propria personale versione del tradizionale dolce piemontese al cucchiaio: un budino con cacao e amaretto ‘bagnato’ col rum, che spesso appare sulle tavole al termine del pranzo della domenica. Fra i partecipanti, Marina Varaldo e Livio Ramasso, vincitori della Disfida che si è tenuta recentemente a Chieri.
«Un talento culinario, il loro, influenzato forse dalle stelle, visto che entrambi sono nati nello stesso mese (aprile) dello stesso anno (1964)», scherza Leo Rieser, Responsabile eventi di Slow Food Piemonte – Valle D’Aosta.
Durante CioccolaTò sarà proprio Rieser a presentare la Disfida del Bonét che si disputerà domenica 22 novembre, alle ore 18.00, in piazza San Carlo, presso il Polo Cioccolato, quando i partecipanti dovranno conquistare non solo il palato di una giuria tecnica, composta da critici e giornalisti, ma anche il consenso di un’esigente giuria popolare.
Organizzato con il patrocinio della Città di Torino, della Città Metropolitana di Torino, della Regione Piemonte, di Unioncamere Piemonte e della Camera di Commercio di Torino, CioccolaTò si avvale anche del contributo delle sezioni locali di alcune delle principali associazioni di categoria del territorio: un’occasione unica per gustare e per conoscere da vicino il Cibo degli Dei, per approfondire la tradizione cioccolatiera locale e per lasciarsi coinvolgere dalle tante iniziative proposte.
Dal 20 al 29 Novembre, Cioccolatò vi aspetta a Torino con Chocolate Exploit: non mancate!
La curiosità
Due sono le etimologie prevalenti attribuite al termine bonèt. Secondo la prima, accreditata dal Vocabolario piemontese/italiano di Vittorio di Sant’Albino (1859), indica un cappello o berretto tondeggiante, la cui forma ricorda quella dello stampo di rame in cui si cuocevano i budini e i flan e che veniva chiamato bonèt ëd cusin-a cioè cappello da cucina, berretto del cuoco. Secondo l’interpretazione diffusa nelle Langhe, il nome richiama il cappello perché il dolce veniva servito alla fine del pasto: come si indossa il cappello da ultimo prima di uscire, così si mangiava il bonèt a fine pasto: a cappello di tutto il resto.