La mia vita è diventata un film. Intervista a Carmelo Zappulla

 La mia vita è diventata un film. Intervista a Carmelo Zappulla

di Titty Ficuciello*
Sono terminate le riprese del film Il ragazzo della Giudecca, girato tra Sicilia e Campania a Eboli, S. Gregorio magno e Battipaglia. Protagonista Carmelo Zappulla, noto artista partenopeo di origini siciliane che durante gli anni novanta ha vissuto una terribile vicenda giudiziaria. Accusato da un agguerrito P.M.(nel film Toni Sperandeo)di essere il mandante dell’omicidio del compagno della madre, è stato dichiarato colpevole e condannato all’ergastolo. Sfuggito alla giustizia, si è dato alla latitanza durante la quale, sostenuto dal fratello(nel film Pietro Delle Piane) dalla moglie e dalla figlia, è riuscito a provare la sua innocenza con formula piena e a raccontare tutto in un libro che è diventato una sceneggiatura nelle mani del regista Alfonso Bergamo.
Ci racconta del libro da cui è stata tratta la sceneggiatura del film?
Il libro è stato scritto a quattro mani con mia moglie durante il periodo della mia latitanza, avevo molto tempo a disposizione purtroppo.
Abbiamo raccontato tutte le varie fasi della storia che mia moglie e mia figlia hanno vissuto con me. Il titolo è “ Il ragazzo della Giudecca” che è il quartiere siracusano delle mie origini siciliane.
Cosa pensa della giustizia?
E’ una domanda particolare. Ho sicuramente fiducia nella giustizia. All’inizio della mia vicenda ho avuto paura però, perché molte discordanze con un pubblico ministero accanito, mi hanno portato a credere che l’ingiustizia che stavo subendo mi avrebbe distrutto. La cosa che mi terrorizzava era la richiesta di ergastolo fatta dal P.M. senza che avesse nessuna pezza d’appoggio come si dice abitualmente. Poi alla fine la giustizia ha trionfato. Sono stato pienamente assolto, il mio incubo è finito. Credo però che esistono persone che non sono state così fortunate e che subiscono una chiara ingiustizia.
Questa vicenda personale in che modo ha cambiato la sua vita, se l’ha cambiata?
La mia vita è stata cambiata e ferita molto. Al punto che spesso ho pensato di porre fine a tutte le mie disgrazie con la mia stessa vita. Quando tutto è finito mi sono rintanato a Siracusa nella casa di una zia a riflettere sulla mia vita. Non avevo più stimoli, nessun interesse a continuare soprattutto il mio discorso artistico. Ero svuotato. Ciò che mi ha risvegliato e riportato in scena è stato proprio il mio pubblico, l’unico che non aveva colpa e che non era giusto abbandonare e deludere. Infatti anche durante la mia permanenza in carcere udivo le persone fuori che mi chiamavano. Qui a Battipaglia durante le riprese delle fasi del processo, dal mio camerino udivo il pubblico che gridava “Carmelo libero, libero”. Ecco ho rivissuto tutte le emozioni provate durante quei momenti, fino alla commozione. Questa mia vicenda mi ha segnato per sempre. Col film sto ripercorrendo tutte le fasi dal carcere in isolamento fino alla latitanza, con il terrore, la paura, avevo il sentore quando stava per accadere qualcosa. Insomma è un’esperienza che non auguro a nessuno.
Si può dire che lei ha provato tutta la scala delle emozioni negative. Ma uscire da un’esperienza del genere è un po’ come rinascere?
Dopo la morte questa è una delle cose più brutte che possono capitare ad un essere umano, ed è capitato a me. Per me c’era una richiesta di ergastolo, significa entrare e non uscire più dal carcere ed è come morire. Uscire fuori da una tale situazione sì è come rinascere, risollevarsi da un incubo, sicuramente tutto scassato, ma tornare a vivere.
Il rapporto col pubblico che l’ama e l’apprezza come cantante adesso com’è. E’ fantastico perché come prima le dicevo, il pubblico non mi ha mai abbandonato, mi ha sostenuto, ha creduto in me ed è stato anch’esso l’artefice della mia rinascita.
Parliamo di questo genere neomelodico? Mi fa piacere questa domanda perché molti giornalisti mi attribuiscono questo aggettivo ma impropriamente. Il genere neomelodico è appunto neo, come neonato, ossia nuovo ed è figlio dell’attualità. Io appartengo al classico napoletano, quarant’anni di carriera, quindi alla melodia passata e presente ma nei temi della classicità. Quindi non posso e non voglio essere definito neomelodico.

*giornalista pubblicista

Mario Orlando

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